Economia

Il 64% degli italiani teme di dover posticipare il pensionamento secondo Randstad

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Una quota consistente dei lavoratori italiani giudica come “non competitivo” il proprio stipendio; un giudizio che alimenta la convinzione di dover posticipare il pensionamento, dato il timore di non disporre di risparmi sufficienti.
E’ quanto emerge da una ricerca condotta a livello globale da Randstad, primo operatore mondiale nelle risorse umane, su campione di oltre 800 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ciascuna nazione.

Da un lato, sette lavoratori italiani su dieci ritengono che il proprio valore sia apprezzato dal datore di lavoro, dall’altro questo riconoscimento non sembra tradursi in una retribuzione adeguata: solo il 54% del campione afferma di avere un stipendio competitivo.
E’ un dato che risulta inferiore alla media globale di ben nove punti percentuali. Così, il 64% dei lavoratori italiani finisce con il ritenere necessario lavorare più a lungo, posticipando la pensione – con un’incidenza percentuale superiore alla media globale di due punti.

Questa sfiducia è particolarmente rilevante se si pensa che in Italia, dati alla mano, la componente obbligatoria del risparmio previdenziale è in grado di sostituire il reddito precedente al pensionamento in misura decisamente superiore alla media Ocse. Evidentemente, però, continua a prevalere la sfiducia. La convinzione di dover lavorare più al lungo del previsto è particolarmente marcata fra le donne (66%), i giovani sotto i 25 anni (67%), e il segmento dei 35-44enni (69%).

La concorrenza dei più giovani e l’esigenza di reskilling

Il senso d’incertezza si riflette anche sulla sensazione di poter essere sostituiti da concorrenti più giovani. Il 72% del campione italiano, infatti, crede che le aziende preferiscano assumere lavoratori più giovani perché ritenuti più esperti nell’uso delle tecnologie; un timore condiviso sia dal personale più senior (over 55, 77%) sia dai giovanissimi (under 25, 74%). Per questa ragione quasi tutti gli intervistati (91%, +5% sulla media mondiale), sono disposti a formarsi ulteriormente pur di non restare senza lavoro.

“Dai risultati del Workmonitor emerge come le imprese italiane siano attente al dialogo e alla valorizzazione della propria forza lavoro, con circa due dipendenti su tre che si sentono apprezzati e supportati nella propria crescita professionale”, afferma Marco Ceresa, amministratore delegato Randstad Italia, “le aspettative dei lavoratori, però, soprattutto in periodi di incertezza come l’attuale emergenza sanitaria, riguardano anche la sicurezza economica, ma l’Italia è agli ultimi posti fra i paesi analizzati per trattamento economico dei dipendenti”.