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Brexit: tutte le difficoltà del Ftse 100 a quattro anni dal referendum

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Il mercato azionario britannico, a partire dal voto sul referendum del giugno 2016 che ha prefigurato l’uscita del Regno Unito dall’Ue, ha sempre sottoperformato rispetto ai maggiori indici globali. Misurato in rapporto al valore in dollari, il calo del Ftse 100 britannico, dal giugno 2016 a oggi, si avvicina al 20%. Sul cambio sterlina-dollaro l’esito di questi quattro anni si sta chiudendo con una svalutazione della moneta britannica pari al -12,9% (nonostante il deciso recupero sperimentato nel 2017).

Il forte impatto del coronavirus sul Regno Unito, sommato alle poche possibilità che si arrivi entro l’anno a un trattato commerciale euro-britannico ambizioso, non potrà che far sentire ancora il suo peso sulle prospettive di recupero delle azioni quotate a Londra.

Il processo di Brexit, per quanto possa dirsi risolto sotto il profilo politico-istituzionale, non è ancora concluso sul piano economico. I rapporti commerciali fra Regno Unito e Ue, per il momento, stanno proseguendo sotto le vecchie regole in attesa dell’approvazione di un trattato di libero scambio che decida il destino di dazi, tariffe e regolamentazioni per l’accesso dei rispettivi mercati. Se i termini non saranno prorogati, la scadenza per raggiungere tale l’accordo è fissata per il prossimo 26 novembre. Il governo britannico, tuttavia, non sembra intenzionato a richiedere un rinvio.
Questa determinazione concludere in fretta un negoziato che, di norma, richiede anni di lavoro non può che spingere gli analisti a mettere in conto un accordo “sottile”, limitato. Se così fosse, nella nuova fase post-Brexit si osserverebbe una riduzione degli scambi fra mercato europeo e britannico rispetto ai livelli attuali.

Per quanto riguarda l’andamento del mercato londinese nel 2020, inoltre, il calo del petrolio ha giocato un ruolo negativo ancor più importante, dato che il settore energetico vale il 12% dell’intero Ftse 100.

Il risultato di queste evidenti difficoltà traspare dai risultati del sondaggio condotto da Bank of America sui gestori di fondi: a valutare come “underweight” il mercato britannico, ovvero a suggerirne una presenza in portafoglio più contenuta, sono il 29% degli intervistati.