La crisi economica scaturita dalla pandemia da Covid 19 sta mettendo a dura prova le casse delle aziende italiane. Oltre la metà delle imprese (51,5%, con un’occupazione pari al 37,8% del totale) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020 e il 38% (27,1% il loro peso occupazionale) – afferma l’Istat che ha condotto un’indagine sulle imprese sopra i 3 addetti – ha denunciato l’esistenza di fattori economici e organizzativi che ne mettono a rischio la sopravvivenza nel corso dell’anno.
Il pericolo di chiudere l’attività è più elevato tra le micro imprese (40,6%, 1,4 milioni di addetti) e le piccole (33,5%, 1,1 milioni di occupati) ma assume intensità significative anche tra le medie (22,4%, 450 mila addetti) e le grandi (18,8%, 600 mila addetti).
“l rischio di chiusura riguarda più di un terzo delle unità produttive con basso dinamismo, mentre la quota si riduce a circa un quinto per quelle più dinamiche” spiega l’Istituto di Statistica.
Alloggio e ristorazione, settori più colpiti
A livello settoriale, la criticità operativa delle imprese riflette la mappa associata ai provvedimenti di chiusura, colpendo in maniera più evidente i servizi ricettivi e alla persona: il 65,2% delle imprese dell’alloggio e ristorazione (19,6 miliardi di euro di valore aggiunto, poco piu’ di 800 mila occupati) e il 61,5% di quelle nel comparto dello sport, cultura e intrattenimento (3,4 miliardi di euro di valore aggiunto, circa 700 mila addetti).
Anche negli altri settori l’impatto è rilevante, interessando circa un terzo delle imprese della manifattura (4 miliardi di euro di valore aggiunto, 760 mila addetti), delle costruzioni (1,3 miliardi di euro valore aggiunto, circa 300 mila occupati) e del commercio (2,5 miliardi di valore aggiunto, poco meno di 600 mila addetti).
Centro Nord, zona più colpita dalla mancanza di liquidità
Dal punto di vista geografico, emerge una spiccata mancanza di liquidità soprattutto nelle regioni del Centro Italia (il 55,5% delle imprese, +4 punti percentuali rispetto alla media nazionale), ma sono presenti situazioni di forte disagio in alcune regioni del Mezzogiorno, come la Calabria (57,4%) e la Sardegna (56,1%).
Nei prossimi mesi quasi un’impresa su tre si aspetta una contrazione del fatturato a causa della riduzione della domanda locale e nazionale (rispettivamente il 32,1% e il 30,3%): all’andamento locale della domanda sono maggiormente sensibili le micro imprese e quelle attive nei servizi, specialmente nel Mezzogiorno.
Il livello nazionale interessa invece di più le imprese di dimensione grande e media e le unità produttive nell’industria in senso stretto (spicca l’industria delle bevande, 81,4%) e, da un punto di vista geografico, quelle del Nord-est (Provincia autonoma di Trento 53,4%).
La riduzione della domanda dall’estero (14,9%) colpisce invece di più le imprese di dimensione media e grande (rispettivamente 34,9% e 33,8%) attive nell’industria in senso stretto (55,4% e 58,3%).
In termini geografici la variabilità è molto forte, si va dai massimi delle imprese delle Province autonome di Bolzano (26,9%) e Trento (25,9%) ai minimi del Molise (7,2%) e Calabria (6,7%).