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Studio: contro il Covid governi populisti avrebbero agito in ritardo

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Le provvedimenti adottati dai governi in risposta alla pandemia del coronavirus presentano evidenti associazioni con il posizionamento politico dei partiti di governo. Ad aver assunto atteggiamenti più laschi e con maggiore ritardo sono stati, in particolare, i partiti di destra e quelli populisti – e in misura maggiore nei Paesi ad elevato reddito.
E’ quanto si afferma in uno studio pubblicato per il Covid Crisis Lab dal professore assistente dell’Università Bocconi, Kerim Kavakli.

La metodologia utilizzata

L’analisi si è estesa su 94 Paesi avvalendosi alcune misurazioni “esterne” per determinare, al di là dell’arbitrio dell’autore, sia l’appartenenza politica dei governi sia il grado di intensità delle misure anti-covid adottate nel corso del tempo.
Nel primo caso Kavakli ha raccolto le informazioni sui governi al potere e sulle loro affiliazioni di partito combinandole con i dati sull’ideologia di partito del Global Party Survey.

I dati sulle risposte nazionali alla pandemia, invece, sono stati estratti dal COVID-19 Government Response Tracker di Oxford. Quest’ultimo suddivide in due indici le chiusure e le restrizioni di mobilità, da un lato, e le misure sanitarie come il contact tracing o i test, dall’altro. Entrambi gli indici vanno da 0 a 100 punti.

I risultati del test

In generale, i governi giudicati “populisti” hanno fatto registrare un ritardo intorno ai 10 punti nell’indice di severità delle misure anti-Covid rispetto agli altri paesi a febbraio e marzo.
Nei paesi ad alto reddito, tuttavia, le misure sanitarie attuate da governi fortemente populisti hanno fatto registrare un ritardo di 30 punti a febbraio rispetto a quelle degli altri governi. Per contestualizzare il dato, tra i paesi ad alto reddito il livello medio delle misure sanitarie a febbraio era di 32 punti.

Nei grafici in basso è possibile osservare come le misure sanitarie (lato sinistro) e le chiusure (lato destro) siano state affrontate dai governi populisti (due grafici in alto) e da quelli di destra (due grafici in basso).
Emerge in entrambi i casi un ritardo nei provvedimenti nella prima fase della pandemia, successivamente controbilanciato da un maggior “interventismo” nei mesi di aprile e maggio.

La diffidenza populista nei confronti delle élite e dei consigli degli esperti, sostiene Kavakli, ha creato resistenza alle richieste di prendere misure forti e costose. “Nelle fasi iniziali di una crisi i costi delle misure preventive sono reali, ma i danni e le morti che saranno evitati si basano sulle proiezioni degli esperti”, ha affermato l’esperto, “i governi che non si fidano degli esperti sono più propensi ad astenersi dall’agire”.