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(WSI) – A questo punto, con il passaggio dell´Antonveneta all´olandese Abn Ambro, il sogno di Gianpiero Fiorani di costruire il quinto gruppo bancario italiano e di diventare il polo di attrazione di una vasta e ricca area del paese, che va dalla Bassa Padana al Nord Est, può considerarsi morto a tutti gli effetti, a un passo dalla sua realizzazione (in fondo, alla fine la maggioranza dell´Antonveneta l´aveva pure conquistata). E, a meno di clamorose sorprese, può considerarsi finita anche la carriera di Fiorani, partito come semplice cronista e approdato poi ai vertici del mondo bancario nel giro di pochi anni e dopo una serie di acquisizioni da capogiro.
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Caduto il suo grande progetto, inseguito da due procure per reati molto gravi, è difficile che abbia ancora un avvenire nel mondo sospettoso degli istituti di credito.
Anche i «furbetti del quartierino», Gnutti, Ricucci e gli altri immobiliaristi, escono molto ammaccati da queste vicende. Da una parte sono anch´essi nel mirino delle procure, dall´altra non si sa ancora bene quanti dei soldi «guadagnati» con i traffici intorno alle scalate finiranno per davvero nelle loro tasche o verranno considerati frutto di reati.
Finita risulta anche la storia della Popolare di Lodi (poi ribattezzata Popolare Italiana). Sparito di scena il suo vero «inventore», e cioè Fiorani, dovrà rinunciare alle sue ambizioni «nazionali» e tornerà a essere una discreta banca regionale. Anzi, c´è anche chi sostiene che in realtà è possibile che alla fine venga assorbita da qualche struttura più grande, perdendo definitivamente la sua identità. Insomma, scomparendo dalla scena, come il suo ambizioso condottiero.
Con qualche residuo bellico su cui è difficile fare previsioni. Come ad esempio la montagna di titoli Rcs di Ricucci (poco meno del 15 per cento), ma conservati dalla Lodi perché da essa finanziati. Impossibile capire, oggi, fra un´inchiesta giudiziaria e azioni di responsabilità, di chi è tutta questa roba e a chi finirà e a quali condizioni.
Nella sua caduta Fiorani si è trascinato dietro anche il governatore della Banca d´Italia, Antonio Fazio, che magari riuscirà a conservare il posto ancora per un po´, ma che da ora in avanti sarà guardato con molto sospetto da tutti e che non potrà, quindi, fare il bello e il cattivo tempo nel mondo del credito. Non sarà più in grado, cioè, di decidere in solitudine che cosa fare delle banche italiane, stabilendo chi deve andare avanti (in questo caso la Lodi) e chi deve stare fermo.
D´altra parte è possibile che lo stratega del «quinto gruppo bancario», cioè la Lodi più Antonveneta, sia stato più Fazio che Fiorani. Si sa quanto il governatore tenesse a questa idea, da lui giudicata indispensabile per riequilibrare il mondo bancario italiano. Tutte le intercettazioni telefoniche e le carte fin qui diventate di dominio pubblico dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a questo progetto teneva in modo particolarissimo. E quindi c´è una logica nel fatto che viene trascinato anche lui nel buco nero aperto dai maneggi dell´amministratore delegato della Lodi e dei suoi amici finanzieri d´assalto. Peraltro si sta indagando anche sulla stessa Banca d´Italia, e quindi non è escluso che ci siano sorprese anche su quel fronte.
Fatto l´elenco dei caduti in questa guerra azionaria durata da gennaio al settembre di quest´anno (ma che ha avuto tre mesi caldi, da luglio a oggi) rimane sul tappeto il fantasma della Grande Banca Padana. Si tratta, in sostanza, sempre dello stesso progetto del quinto gruppo bancario italiano, cioè dell´idea Fazio-Fiorani di fare una grande banca nell´area del Nord Est. Solo che la Grande Banca Padana è un progetto in un certo senso «politico», perché nelle scorse settimane è stata chiesta a gran voce dalla Lega, che ne ha fatto una questione centrale e sulla quale, dice, non c´è margine per trattare.
Oggi, per la verità, la Grande Banca Padana è un fantasma perché non si sa nemmeno più se fra sei mesi ci sarà ancora la Popolare Italiana e quindi non si sa, eventualmente, da che parte si potrà cominciare per costruire questo istituto di credito che oggi non c´è. A meno che non si voglia partire da zero, «dal prato verde», come si diceva una volta delle fabbriche costruite appunto ex-novo.
Insomma, il sogno di Fiorani (e del governatore Fazio) è andato in pezzi e dietro si lascia solo una lunga scia di calcinacci e mattoni sbrecciati. Nulla da cui si possa ripartire per ricostruire qualcosa.
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