L’articolo fa parte del dossier “-11,2% Cosa fare” pubblicato sul numero di luglio-agosto del magazine Wall Street Italia
Nel momento in cui scriviamo i decessi attribuiti al coronavirus sono più di 600mila. L’influenza asiatica che colpì il pianeta fra il 1957 e il 1960, a seconda delle stime, uccise 1-2 milioni di persone. Ad ammalarsi di quest’ultima influenza aviaria, a suo tempo, fu anche il professor Paolo Legrenzi (docente emerito di psicologia presso l’Università Ca’ Foscari), che ha raccontato la sua esperienza nell’ultimo numero mensile di Wall Street Italia.
Il ricordo di quella pandemia, che, stando ai numeri attuali, fu più letale di quella del Covid-19, non risulta, però, altrettanto traumatico. Secondo l’ex professore, infatti, le conseguenze economiche delle pandemie dipendono da come le persone “sono indotte a reagire nei comportamenti e negli stati d’animo”. Ai tempi dell’influenza asiatica, ha evocato Legrenzi, i giornali – allora la principale fonte di notizie per gli italiani, non avevano dato troppo risalto alla pandemia.
Rispetto al 1957 il sistema dei media è cambiato profondamente e, di pari passo, anche la proliferazione della paura. Una pandemia, del resto, non poteva che influenzare profondamente il senso di sicurezza delle persone. E, naturalmente, i mercati.
Il paradosso delle previsioni finanziarie
Il secondo passaggio dell’intervento del professor Legrenzi ha esteso lo sguardo alle prospettive di ripresa, in particolar modo per quanto riguarda i mercati. Le previsioni degli analisti relative al 2020 sono estremamente discordanti, come da tempo non si vedevano. Di norma, ha scritto Legrenzi le previsioni a breve termine sono più facili da formulare rispetto a quelle a lungo termine.
Nel campo finanziario non è così, o, perlomeno, si ha la sensazione opposta: infatti, è molto più facile trovare accordo sulle previsioni per quanto riguarda le previsioni a lungo termine. Purtroppo, ha notato l’ex professore, gran parte degli investitori non sa bene che farsene di previsioni finanziarie di ampio respiro: a prevalere è la caccia del profitto immediato.
Eppure, ha concluso Legrenzi, se potessimo scegliere fra l’avere previsioni accurate giorno per giorno, mese per mese, oppure anno per anno o biennio per biennio, dovrebbero essere queste ultime le informazioni più utili e, dunque, quelle più ricercate. Questo perché “esse ci permetterebbero di fare scelte efficienti per lunghi periodi”. Le oscillazioni giornaliere, al contrario, “troppo spesso ci inducono a credere di poter controllare l’andamento erratico sul breve termine. Questa è un’illusione”.