L’esercito dei professionisti si trova schiacciato nella Terra di Mezzo dalla grande sfida di garantire la qualità davanti alla grande crisi. Guardate ai commercialisti…
“Sarà opportuno rivolgersi a un bravo professionista, ma quanto mi costerà? Forse è meglio…”
E’ proprio quel “forse è meglio” che sta alimentando la corsa del rullo compressore dell’appiattimento nel Paese senza culle, in cui l’ascensore sociale è drammaticamente fermo e l’esercito dei professionisti è finito schiacciato in una Terra di Mezzo, con il silenzio rotto ogni tanto solo dall’eco di slogan tipo: “Fondamentali per il tessuto economico o per sciogliere i nodi della burocrazia”, tanto per citarne alcuni.
Appunto slogan come dimostra, ad esempio, l’indispettita insofferenza della politica all’appello dei commercialisti per un rinvio della valanga di scadenze fiscali di luglio. Sta di fatto che oggi le categorie professionali, qualsiasi sia l’attività, devono rispondere all’unico mantra dei clienti: quanto mi costa?
Il sacrificio della qualità
E non importa argomentare su qualità, impegno, serietà, responsabilità che si devono mettere in campo per offrire un servizio o una prestazione di livello. Verrebbe da dire che sta imperando la logica del “primo prezzo” la quale va benone, per carità, essendo però chi la sceglie ben conscio che i risultati potrebbero non essere quelli sperati.
Sta di fatto, comunque, che all’interno dell’esiliato esercito c’è chi sceglie la tattica tagliando, ad esempio i costi del personale e le strutture, chi la strategia dando fondo alle risorse e magari ampliando la propria offerta di servizi e chi, invece, non può far altro che sopravvivere.
Così tutti impegnati nella grande emergenza della pandemia e obnubilati dall’ubriacatura di provvedimenti e delle loro norme attuative (molte delle quali devono ancora essere varate…) forse si è reso sacrificabile, proprio in casa nostra, quello che ci ha resi famosi e fatto guadagnare nel mondo: la qualità.
La battaglia si può ancora vincere
Questa battaglia, però, non è ancora persa, anzi se ne potrebbero ribaltare le sorti se ci credono tutti, a partire proprio dai professionisti, eludendo il rullo compressore grazie a strade nuove da trovare e imboccare.
L’inserimento di bravi giovani, con cui magari condividere il rischio di impresa, e l’utilizzo mirato della tecnologia possono essere alcuni elementi per intercettare le nuove esigenze nate dallo sconvolgimento mondiale di questi mesi.
Non è facile, ma anche chi sosteneva che lo smart working – prima che diventasse un “obbligo” – non fosse fattibile, si è dovuto ricredere.