Non migliora la posizione dell’Italia nella graduatoria del ‘World economic forum’ (Wef) sulla competitività delle Nazioni: come l’anno scorso, il Belpaese si colloca infatti solo in 47/a posizione, davanti a Botswana, Cina e India. L’ Italia è l’ ultima tra i 25 membri dell’ Ue, con l’ eccezione della Polonia.
In testa alla classifica è invece la Finlandia, seguita da Usa e Svezia. La classifica, che dedica un focus all’ Italia, spiega che nelle valutazioni del Belpaese hanno pesato la “saga della tentata acquisizione di alcune banche italiane da parte di banche estere in seno alla UE, cui la Banca d Italia si sarebbe opposta accanitamente”.
E stigmatizza anche un vizio che emerge dalle risposte degli imprenditori: “la tendenza che hanno gli italiani a buttarsi giù penalizza il Paese”. Dopo essersi classificata 26/a nel 2001, l’Italia continua a rimanere indietro rispetto ai concorrenti europei, hanno affermato a Ginevra gli economisti del Wef, la nota organizzazione promotrice del Forum annuale di Davos, nelle Alpi svizzere.
E per la prima volta, il rapporto del Wef dedica un apposito riquadro al ‘caso Italia’ alle perplessità suscitate dal basso ranking del Paese. La vicenda delle banche viene ricostruita citando la stampa internazionale. Ma soprattutto – per il World Economic Forum – l’Italia accusa un “deterioramento” dei conti pubblici e una crescita economica “fiacca”, rallentata all’1,1% nel 2001-2005.
“Come prevedibile, ciò ha smorzato considerevolmente la fiducia delle imprese. Il nostro indicatore delle attese di recessione, che misura come il settore privato valuta le prospettive a breve termine è particolarmente basso per l’Italia, al 110/o posto nella graduatoria di quest’anno”, afferma il rapporto.
In tale contesto, c’é una parte di soggettività : agli imprenditori italiani è stato infatti chiesto di votare sull’Italia e “la tendenza che hanno gli italiani a buttarsi giù penalizza il Paese”, riconosce Irene Mia, economista del Wef. Oltre al brutto voto per le “attese di recessione”, la pagella dell’Italia ottiene pessimi punteggi per il debito pubblico (109/a), l’impatto del crimine organizzato (103), il sistema fiscale (114), le condizioni di assunzione e licenziamento (108).
Sul fronte tecnologico l’Italia è 44/a, nettamente al di sotto di Paesi quali Germania (16), Regno Unito (17) e Francia (24). L’utilizzo di personal computer in Italia é inferiore a quello di, tra l’altro, Corea, Cipro o Repubblica Slovacca, mentre Singapore, Taiwan, Estonia e Corea superano l’Italia nell’uso di Internet. Particolarmente preoccupanti sono inoltre la mancanza di indipendenza del sistema giudiziario (59), la percezione che il governo favorisca imprese e individui ‘ben connessi’ nel decidere su appalti e politiche (72).
La competitività italiana è anche ostacolata dalla sua forte dipendenza da industrie mature a bassa crescita (tessile, abbigliamento, calzature e grandi elettrodomestici) sempre più esposte alla concorrenza internazionale. “Con l’adozione dell’euro, l’opzione della svalutazione come modo per mantenere costi di base più bassi è preclusa definitivamente”, afferma il rapporto precisando di non preconizzare l’abbandono dell’euro e quindi un “ritorno ai giorni dei disavanzi di bilancio al 10% del Pil, dei tassi di interesse alle stelle e di una lira debole e instabile”.
Inoltre, le imprese devono sopportare costi del lavoro elevati, “giacché i lavoratori italiani sono tra i più pagati e i più protetti al mondo”, afferma il Wef. Tra gli aspetti positivi, la “crescente consapevolezza della necessità di compiere riforme strutturali”, spiega Irene Mia e i buoni voti in materie quali la diffusione dei telefoni cellulari, per la quale l’Italia si piazza quarta.
In generale tuttavia, “l’insuccesso nel migliorare le prospettive delle finanze pubbliche avrà serie implicazioni (…). La percezione che il settore pubblico non sia equo nei rapporti con la comunità imprenditoriale, che ‘favoritismo’ e opacità siano le principali caratteristiche di tali rapporti, rappresenta un’ulteriore tendenza preoccupante. Inoltre – ha dichiarato Augusto Lopez-Claros, Capo Economista e Direttore del Programma di competitività globale del Wef – l’Italia non è riuscita a mantenere la sua posizione relativa in variabili, quali la spesa delle imprese in ricerca e sviluppo, i tassi di iscrizione all’università, l’utilizzo di personal computer”.
All’opposto, commentando il persistente successo della Finlandia, Lopez-Claros ha sottolinenato come si tratti di un Paese “gestito molto bene”. Gli Usa, secondi in classifica, godono invece di una generale supremazia tecnologica. Ma vi sono timori sull’ indipendenza della politica dal settore privato e per gli squilibri economici delle finanze pubbliche.
Al centro dell’attenzione internazionale, la Cina è scesa di 3 posizioni mentre l’India ne ha guadagnate 5. Infatti, sia la Cina che l’India hanno conseguito eccellenti risultati di crescita negli ultimi anni, ma entrambi continuano “a soffrire di debolezze istituzionali che, se non affrontate, rallenteranno probabilmente la loro ascesa al livello superiore delle economie più competitive al mondo”.