La febbre del trading non ha contagiato solo gli Stati Uniti: anche in Cina il recupero dei mercati azionari, unito al calo dei tassi d’interesse ha spinto sempre più risparmiatori a buttarsi sulle piattaforme.
Non solo: ha anche messo il turbo alle valutazioni delle varie società cinesi attive nel business del trading.
Boom del trading in Cina, il caso East Money
East Money, una società di trading online ben nota in patria, ha registrato una performance da inizio anno pari all’80%, la migliore di tutto il listino del Dragone (CSI 300). Grazie a questo exploit, la capitalizzazione di mercato è salita a 30,6 miliardi di dollari. Come ha notato il Financial Times, si tratta di un livello superiore alla capitalizzazione di Credit Suisse.
Il rapporto prezzi/utili di East Money, poi, rivela quanto la società sia divenuta costosa: il ratio è di 69 contro quello di 14 che registra Charles Schwab, una società americana attiva nello stesso business.
L’intero settore sta impazzendo”, ha dichiarato al Ft Hao Hong, capo della ricerca e capo strategist presso la società di intermediazione mobiliare Bocom International, “tutte le società di intermediazione più costose sono in Cina”.
Nel grafico in basso è possibile osservare come, dietro al caso East Money ci siano numerosi altri intermediari le cui performance di Borsa si sono rivelate assai generose.
La corsa dei risparmiatori cinesi verso il trading, in un periodo di grande incertezza economica, sarebbe stata anche un tentativo di cavalcare la ripresa dei listini (che in Cina hanno toccato il picco a luglio) e di ottenere, così, una fonte integrativa di reddito.
Anche i fondi comuni azionario di nuova emissione hanno registrato forti adesioni, avendo raccolto, secondo Z-Ben Advisors, 1.000 miliardi di yuan da parte di 22 milioni di investitori.