Inflazione, deflazione…o entrambi? Ora a che punto siamo
A cura di Ariel Bezalel, Head of Strategy Fixed Income di Jupiter AM
L’evoluzione dell’inflazione negli ultimi 40 anni è stata notevole. Negli anni ’80 la Fed era in piena fase di lotta all’inflazione, ma negli anni ’90 siamo entrati nella cosiddetta “Grande Moderazione”, un periodo in cui l’economia globale non era né troppo calda né troppo fredda.
In questo secolo, e in particolare dopo la crisi finanziaria globale (CFG), il mondo è stato colpito da pressioni deflazionistiche. Ora l’Eurozona è in fase di deflazione, mentre nel Regno Unito e in Giappone l’inflazione è appena sopra lo zero. L’inflazione negli Stati Uniti si avvicina all’1%, mentre anche nei mercati emergenti si trova sostanzialmente al di sotto dei livelli storici.
Eppure oggi si parla molto del fatto che l’aumento dell’inflazione potrebbe essere dietro l’angolo, un dibattito che si è intensificato da quando la Fed ha annunciato che perseguirà l’obiettivo dell’inflazione media (Average Inflation Targeting – AIT) – impegnandosi essenzialmente, con quella frase tanto amata dalle banche centrali, a “fare tutto il necessario” per garantire la piena occupazione, anche se ciò significa lasciare che, per un po’ di tempo, l’inflazione aumenti al di sopra dell’obiettivo ufficiale del 2%. Anche l’aggregato monetario è un fattore.
La rapida crescita della misura dell’aggregato monetario M2 della Federal Reserve, che comprende un ampio insieme di asset finanziari detenuti principalmente dalle famiglie, è senza precedenti.
La teoria potrebbe suggerire che ciò preannunci un picco di inflazione, anche se qualcosa di simile (anche se su scala più ridotta) era accaduto durante la CFG e l’inflazione in realtà andò nella direzione opposta.
Le forze deflazionistiche sono ancora dominanti?
Siamo stati in territorio deflazionistico per molti anni, evidenziando le importanti forze strutturali quali l’eccessivo indebitamento, l’invecchiamento demografico e le interruzioni della globalizzazione, la tecnologia e la manodopera a basso costo. Il nostro punto di vista è che il Covid-19 abbia accelerato alcuni di questi trend, in particolare a causa del notevole accumulo di debito improduttivo di quest’anno, che sta semplicemente sostenendo il settore delle imprese, piuttosto che fare qualcosa di veramente stimolante come investire nelle infrastrutture.
Per questi motivi, e forse in modo controverso, visti tutti i discorsi sull’inflazione degli ultimi tempi, riteniamo che le pressioni deflazionistiche si siano in realtà intensificate quest’anno.
Siamo anche scettici sull’impatto che il quantitative easing (QE) ha sull’economia reale, dal momento che si tratta essenzialmente di un semplice asset swap che si traduce in liquidità depositata presso la Federal Reserve.
Si tratta di fondi che le banche commerciali non possono toccare.
Quindi non vediamo il QE convenzionale come un rischio di inflazione significativo, anche se qualcosa che potrebbe cambiare questo punto di vista sarebbe se le banche centrali prendessero più seriamente strumenti alternativi come il “l’helicopter money” (effettuare pagamenti direttamente ai consumatori) o uno spostamento più
In che modo Covid-19 ha cambiato le prospettive dell’inflazione?
Le nostre view sugli investimenti nei mercati del reddito fisso hanno subito una certa evoluzione quest’anno, e riteniamo che il Covid-19 abbia decisamente reso confuso il quadro dell’inflazione.
Tali impatti hanno incluso un accumulo di cibo e forniture essenziali, che ha portato all’inflazione in quei settori, mentre i prezzi delle auto usate negli Stati Uniti stanno salendo man mano che sempre più persone decidono di guidare piuttosto che prendere i mezzi pubblici.
Si segnalano anche interessanti tendenze nel mercato immobiliare, che negli Stati Uniti e nel Regno Unito è attualmente forte, dato che le persone si spostano dalla città verso la periferia o la campagna.
Questo spiega in qualche modo il motivo per cui i prezzi del legname negli Stati Uniti sono stati così alti per gran parte di quest’anno.
Eppure il Covid-19 ha anche portato con sé alcune importanti forze deflazionistiche, a nostro avviso, tra cui le ricadute nel settore immobiliare commerciale.
C’è stato anche un crollo dei viaggi e del turismo globale, che rappresenta ben il 10% del PIL globale e riteniamo che una parte di questa domanda non tornerà, o almeno ci vorrà molto tempo perché lo faccia.
Il team rimane costruttivo, nonostante i bassi rendimenti, sui titoli di Stato statunitensi e australiani, i mercati del credito rappresentano l’ambito in cui quest’anno la nostra view si è maggiormente evoluta.
All’inizio dell’anno siamo stati abbastanza cauti sul credito, ma ora le banche centrali hanno rivelato le loro carte facendo di tutto per sostenere questi mercati, anche se l’attenzione degli investimenti deve essere rivolta alle imprese dove i ricavi e i profitti dovrebbero reggere bene durante tutto il ciclo.