La carriera iniziata con l’acceleratore, il sogno di lavorare in radio, MTV e le trasmissioni su reti di primo piano, la caduta e la rinascita. Il volto di una generazione si racconta
A cura di Margherita Calabi
Foto di Keila Guilarte
L’esordio negli anni ’90, le prime esperienze in radio, il successo nella neonata MTV e le trasmissioni su reti di primo piano come Popstars, Festivalbar, Saranno Famosi e Top of the Pops. Poi la depressione, il ‘risveglio’ e la forza di ricominciare. Daniele Bossari, volto simbolo di una generazione, si racconta in esclusiva a Wall Street Italia.
Ha sempre amato la radio, tanto che ha usato i suoi primi stipendi per frequentare i corsi serali di dizione e voce al Centro Teatro Attivo. In poco tempo è passato da studente a fattorino, a dj nella squadra di Claudio Cecchetto. Come ricorda questo periodo della sua vita?
“È stata la parte più frizzante. Ero nel pieno delle mie forze, della gioventù, vivevo a mille, ero un bravo ragazzo, ma avevo una grande voglia di divertirmi ed esplorare il mondo. Ho sempre avuto l’ambizione di lavorare in radio e ho capito che questo mio obiettivo poteva realizzarsi solo con l’impegno.
Chiamavo le piccole radio private dalle cabine telefoniche, cercavo di capire se c’era un posto dove cominciare a fare della pratica. Avevo l’adrenalina per l’emozione di poter entrare in quel mondo. Cercavo di prepararmi al meglio: ricordo Nicoletta Ramorino, l’insegnate di dizione al Centro Teatro Attivo di Milano, dove prima di me erano passati colleghi importanti del mondo dello spettacolo. L’occasione è arrivata quando ho incontrato Claudio Cecchetto”.
Nella sua carriera è sempre stato un’entusiasta…
“Oggi con un’esperienza e un’età diversa ho una consapevolezza e una maturità differente. All’epoca ero un sole che emanava luce, la mia felicità era contagiosa. Sono stati anni molto veloci, ho cominciato in radio a 14 anni, con Claudio Cecchetto ne avevo poco più di 20. Andavo a Radio Milano International – la prima radio privata in Italia dove sono nati molti talenti – mi mettevo in disparte e osservavo gli altri che lavoravano.
Mi avevano accolto, ero una mascotte, un ragazzino che si metteva in un angolo per vedere come si faceva la regia, come parlava lo speaker, l’intonazione che usa- va. Ho imparato tantissimo”.
Ha avuto da subito grande successo, non solo in radio, è stato anche un astro nascente della TV…
“La radio è stato l’inizio, subito dopo Claudio Cecchetto ho avuto l’occasione di lavorare a Radio Deejay e poi a MTV. Guardavo MTV all’estero e sognavo, rappresentava l’avanguardia assoluta. Il linguaggio, l’immagine, la possibilità di vedere i video musicali: erano codici che rappresentavano il mondo dei giovani al 100%. Alla fine degli anni ‘90 il canale stava per aprire in Italia e in TV passava uno spot che diceva ‘Se già sei deejay trasformati in veejay’.
Sembrava diretto a me. Ho preso una vecchia videocamera, di quelle ancora con le cassette, mi sono registrato, presentandomi, sono stato preso per i primi test e poi mi hanno mandato a Londra. Ero al settimo cielo, cavalcavo l’onda, tutto veniva naturalmente, la bellezza di quella parte di vita è stata proprio questa”.
A seguito di un articolo importante, la prima critica forte al suo personaggio, è cominciata la discesa. Cosa è successo?
“All’epoca pensavo di poter piacere a tutti. Ero sincero, trasparente, nella mia vita privata ero così come mi si vedeva in televisione. Stavo vivendo il mio sogno e non avevo nessun motivo per invidiare qualcuno. Ero convinto che il mio entusiasmo potesse arrivare a tutti.
Mi ha fatto male vedere che uno dei critici televisivi più importanti mi avesse preso di mira. Questa è stata la prima crepa, la mia sicurezza si è incrinata e ho cominciato a pormi davanti alla telecamera senza la naturalezza e la spontaneità di prima. Mi stavo impostando perché dovevo piacere a più persone possibili, ma così facendo ho snaturato me stesso”.
Ha scritto un libro, La Faccia Nascosta della Luce, in cui racconta la sua esperienza. Un testo forte, profondo, vero, una scelta coraggiosa. Come è nata questa idea?
“Il lato contemplativo della vita è per me fondamentale. Quando ho partecipato al Grande Fratello ho avuto molte ore per pensare, meditare e volgere lo sguardo all’interno di me stesso. Un giorno mi hanno chiesto di ripercorrere la mia esistenza tracciando una linea su una lavagna bianca, come in un grafico. È un esercizio molto facile, si vedono i picchi verso l’alto e quelli verso il basso, le gioie e i dispiaceri. Lì mi è venuta l’idea di approfondire questa cosa.
Una volta uscito dal Grande Fratello sono stato inondato da un affetto che non avevo mai ricevuto prima, nemmeno ai tempi di Festivalbar: ragazzi, persone adulte e anziani mi fermavano per la strada dicendomi che li avevo aiutati per- ché avevo iniziato a raccontare le mie difficoltà legate alla depressione e all’alcolismo. Volevo restituire questo affetto con un libro che raccontasse la mia esperienza”.
C’è sempre un momento più duro, quello da cui si riparte. Quando è cominciata la sua seconda vita?
“Bisogna arrivare sempre al punto più basso: ero completamente isolato dal mondo, sempre da solo nel mio studio ad autodistruggermi. Ho escluso dalla mia vita non solo i miei amici, ma anche gli affetti più cari, i miei genitori, mia moglie e mia figlia. Vivevo in una specie di oblio costante, bevevo per anestetizzare la mia sofferenza interiore. In una notte particolare, che racconto nel libro, mi sono ritrovato a un passo dalla morte.
Quando ho capito che questa poteva diventare una realtà, che non era più un pensiero, ho avuto un risveglio, uno shock. Quello è stato il momento di rinascita. Mi sono aggrappato alla vita e ho visto in fondo ai miei occhi una luce. Da li ho cominciato a rimettere insieme i pezzi”.
La sua storia insegna. Con che spirito si ricomincia?
“Quando ho pubblicato questo libro ho incontrato tantissime persone e ho capito quanto la gente abbia bisogno di aiuto. La prima cosa che si può fare è parlare e ascoltare, a volte basta semplicemente una parola. Oggi sto cercando di trasformare la mia ipersensibilità in un super potere. La vera sfida, per ripartire, è quella di accettare l’aiuto degli altri. Nella mia disperazione rifiutavo l’amore di mia moglie Filippa [Lagerback, ndr] e quello di mia figlia.
Dopo il momento più buio ho afferrato le mani che erano tese verso di me: ho accettato Filippa, la mia famiglia, mi sono ripreso smettendo di bere e facendo sport, ho ripulito la testa”.
Ha sempre detto che l’amore di sua moglie, Filippa Lagerback, è quello che l’ha salvata…
“Il libro è un libro d’amore perché l’amore è la cosa più importante al mondo. Può sembrare banale a dirsi, ma quando provi e ricevi amore ti salvi. Penso all’amore che ha provato mia moglie per starmi vicino in un periodo così difficile. Non si è trattato di una settimana, di un mese o di un anno, è stato molto di più. Filippa è un’anima evoluta, un’anima antica, ha già vissuto certe cose. Lei ha già tutto in sé: il rispetto per la natura, il rispetto per le persone, una sensibilità e una forza che solo le donne possono avere. La sua è stata una dimostrazione di puro amore”.
Sono tante le passioni che l’hanno accompagnata negli anni: l’automobilismo, l’esoterismo, la meditazione, la cristalloterapia, il tiro con l’arco e l’astronomia. Guardare le stelle l’ha sempre fatta sentire in connessione con l’universo. Forse dovremmo cominciare a farlo di più come individui?
“Assolutamente sì. Ormai il nostro orizzonte è a una distanza di 30 centimetri, con lo smartphone siamo abituati ad avere questo tipo di visuale, di prospettiva e di profondità. Credo sia fondamentale avere la consapevolezza della nostra posizione nell’universo. Sto portando avanti questo discorso anche con il mio lavoro in radio [Bossari conduce la trasmissione Il Boss del weekend su Radio Deejay, ndr] intervistando studiosi, ricercatori e astrono- mi. Bisogna allontanarsi, cambiare prospettiva: se guardiamo il mondo dalla stazione spaziale orbitante, o se osserviamo il sistema solare che ruota intorno a una galassia, si ridimensionano le preoccupazioni quotidiane e si acquisisce una nuova visuale. Ci si rende conto di essere un battito di ciglia nell’arco temporale di questa dimensione cosmica”.
La sua carriera è iniziata con l’acceleratore, ha realizzato il sogno di lavorare in radio, ha condotto trasmissioni importanti su reti di primo piano, è caduto, ma ha avuto la forza di rialzarsi. Guardando indietro cosa farebbe di diverso?
“Potrei dire a me stesso di vivere con più leggerezza, di avere la stessa profondità di pensiero ma di farmi scivolare addosso le cose. Non è facile. Ho imparato che questa complessità è anche bella”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di ottobre del magazine Wall Street Italia