La pandemia ancora in corso ha imposto pesanti cambiamenti nelle linee di business di numerose aziende. In tante hanno dovuto far ricorso allo smartworking e, felici dell’esperimento, hanno deciso di adottarlo come principale forma di lavoro. Decisioni storiche, che impattano nella struttura e nella cultura aziendale.
Ne abbiamo parlato, tra le altre cose, insieme a Simona Merzagora, managing director di NN IP, che ogni giorno insieme al suo team si occupa di analizzare le società in un’ottica di sostenibilità.
Diverse aziende stanno iniziando a prendere delle decisioni storiche riguardo lo smartworking. ING, Schroders e anche BlackRock, seppur con modalità diverse, si stanno orientando verso questa opzione per i propri dipendenti. Lo smartworking impone, quindi, anche un forte cambio della struttura e della cultura aziendale. Come cambia l’analisi di una società, in questo contesto?
La gestione del capitale umano fa parte della dimensione sociale dell’analisi ambientale, sociale e di governance (ESG) che permette di valutare la qualità di un’azienda. La capacità di attrarre, trattenere e sviluppare i dipendenti è una potenziale fonte di alfa e quindi importante per i ritorni finanziari.
Per valutare la gestione delle risorse umane e dare un punteggio alle società analizzate, utilizziamo diverse fonti tra cui Sustainalytics che analizza le iniziative di reclutamento, lo sviluppo e l’attività di retention dei talenti, nonché gli obiettivi quantitativi legati allo sviluppo del capitale umano. Altre metriche interessanti sono l’indice di approvazione del CEO, che si basa sulla percentuale di dipendenti che approva il proprio CEO e le raccomandazioni di un’azienda come luogo di lavoro, entrambi di Glassdoor. Con l’arrivo dello smart working, che per alcune realtà diventerà la nuova normalità, alcune aziende hanno prodotto risultati migliori rispetto al passato grazie a rapporti basati sulla responsabilizzazione del lavoro svolto da parte dei singoli, alla valutazione delle prestazioni lavorative per obiettivi.
Le società di maggior successo sono quelle nelle quali c’è una forte convinzione che i dipendenti sono una fonte preziosa e unica di idee, di innovazione e non dei meri esecutori.
Il passaggio allo smart working in NN IP è stato molto veloce grazie ad un’infrastruttura tecnologica già molto avanzata, ma soprattutto ad una cultura del lavoro molto agile, con un focus sulle competenze e non sul ruolo gerarchico, sulla flessibilità del luogo dove si svolge il lavoro. Questo approccio ha permesso di mettere in sicurezza i dipendenti dal primo giorno del lockdown e di dar loro la possibilità di lavorare efficacemente da casa (introduzione della firma digitale, più utilizzo di documenti digitali etc.)
Parliamo di social network, che hanno sicuramente creato valore e ne creano tutt’ora. Sono aziende, però, che non possiamo valutare solo dal punto di vista finanziario: creeranno ancora valore in futuro?
Le società di social network hanno dimostrato una grande resilienza durante il periodo del lockdown, e la necessità di maggiore interconnessione renderà la loro attività sempre più rilevante nella vita quotidiana. Tuttavia, nella valutazione di questo settore, oltre agli elementi puramente finanziari è necessario prendere in considerazione anche gli aspetti di Governance che hanno un impatto materiale su Alphabet, Facebook, Twitter, etc.
Le aree di maggiore attenzione sono:
- la gestione dei dati sulla privacy e sulla sicurezza. La capacità di raccogliere, elaborare e monetizzare i dati degli utenti è parte integrante del modello di business di queste società e presenta sia dei vantaggi competitivi, sia delle sfide importanti anche con risvolti sociali considerevoli. La cessione di dati di utenti di Facebook a Cambrigde Analystics ha innescato una maggiore regolamentazione sulla protezione dei dati globali per questo settore, oltre al fatto che nel caso specifico Facebook fu multata per 5 milioni di dollari;
- un’altra area di attenzione è la governance legata alla pubblicazione di fake news, contenuti violenti o incitanti all’odio e di informazioni che possono influenzare i risultati delle elezioni. Per società che derivano una grande percentuale dei propri profitti da introiti pubblicitari, il rischio reputazionale è molto importante. Lo scorso luglio, ad esempio, più di 1000 brand avevano deciso di ritirare la propria pubblicità da Facebook & Instagram. L’impatto economico è stato limitato ma il danno reputazionale, anche in vista delle elezioni americane, è stato enorme e soprattutto ha acceso i riflettori delle authorities su una revisione fondamentale delle protezioni legali sulla responsabilità dei contenuti diffusi, protezioni da cui ancora oggi dipendono le grandi piattaforme tecnologiche.
Solo alcune settimane fa , nel caso di Facebook, è stato trovato un accordo con la Federazione Mondiale dei Pubblicitari per una definizione comune sui contenuti controversi e l’introduzione di una con la supervisione esterna superpartes per evitare nuove controversie.
Nel momento in cui le società non sono in grado di autoregolamentarsi e “sfruttano” eccessivamente la fiducia dei consumatori o del pubblico in genere, questo costringe le autorità a regolamentare il loro business con un impatto sulla crescita futura. Queste sono le tematiche di cui, si occupano gestori come NNIP che integrano giornalmente le analisi finanziarie con informazioni ESG, che hanno un impatto materiale sullo sviluppo del business.
Per noi gestori, non è solo importante comprendere le sfide e le opportunità generate da ogni settore, ma soprattutto identificare quali sono le aziende meglio strutturate per gestire e mitigare questi rischi tramite l’introduzione di politiche interne, e processi innovativi e valutare le migliori opportunità. Noi gestori abbiamo un dovere fiduciario verso i nostri clienti e non possiamo più permetterci di guardare solo ai dati finanziari.
Recovery Fund e Green New Deal: trova ci sia poca coerenza in Italia da questo punto di vista? Ogni anno in Italia vengono pagati 19 miliardi di euro a famiglie e imprese per sussidi dannosi per l’ambiente. Su che temi si dovrebbe insistere, invece?
Il 21 luglio i leader dell’Unione Europea hanno compiuto un passo senza precedenti, concordando un piano per la ripresa che aiuterà l’Europa a ripartire dopo la pandemia e sosterrà gli investimenti nelle transizioni green e digitali per i prossimi sette anni. Il piano assicura che il denaro vada ai Paesi e ai settori più colpiti dalla crisi.
E in questo contesto, l’Italia sarà uno dei principali beneficiari di questo programma con 209 miliardi di euro a disposizione tra sussidi e prestiti.
È dunque un momento fondamentale per sviluppare una strategia di crescita che punti su investimenti verso le transazioni green e digitali, emissioni net-zero, circolarità, energie verdi e industrie a ridotto impatto ambientale. Come ci ricorda spesso il Professor Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, per l’Italia questa sarà un’occasione unica ed irripetibile per ripensare ad una crescita sostenibile del paese in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle UN, che incoraggia ad indirizzare le nostre risorse verso progetti di digitalizzazione, transizione ecologica e lotta alle disuguaglianze. L’Italia ha bisogno di un piano di ripresa e di resilienza trasformativa che rafforzi il Paese e per permettere di fronteggiare le prossime crisi senza aver bisogno dei fondi degli altri oltre ad evitare una bocciatura da parte della UE.