A circa venti giorni dall’Election Day le chance di vittoria di Donald Trump alle presidenziali sembrano molto ridotte. Ad affermarlo sono, tuttavia, gli stessi sondaggi che, nel 2016, attribuivano al magnate newyorchese probabilità di vittoria non certo lusinghiere.
L’analisi sulle prospettive elettorali statunitensi, tuttavia, non può prescindere dalla base offerta dai sondaggi, in particolare dalle rilevazioni compiute su quegli stati che, tradizionalmente, tendono a cambiare colore politico e quindi a influenzare drasticamente il risultato finale.
Il sistema elettorale Usa, un ripasso
Ricordiamo che il sistema elettorale americano prevede l’elezione indiretta del presidente attraverso i cosiddetti grandi elettori, votati a loro volta dalla cittadinanza dei vari stati.
A ciascuno stato viene assegnato un dato numero di grandi elettori, determinato (a grandi linee) della consistenza demografica. Per 48 stati su 50 il risultato è netto: chi prende un voto in più, conquista tutti i grandi elettori dello stato in questione. Di conseguenza, anche pochi voti possono spostare di molto l’ago della bilancia.
Gli stati-chiave per le presidenziali 2020
Secondo la testata americana Politico, sono otto gli stati che potrebbero decidere l’esito elettorale del 3 novembre: Arizona, Florida, Georgia, Michigan, Minnesota, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Al momento, i sondaggi vedono il candidato democratico, Joe Biden, in vantaggio in tutti gli stati-chiave, eccetto uno.
Secondo i dati aggregati da RealClearPolitics, basati sui sondaggi compiuti negli stati-chiave (con l’eccezione di Georgia e Minnesota), il vantaggio di Biden è attualmente di 4,9 punti e tende ad allargarsi. (grafico in basso).
A livello nazionale, poi, il vantaggio di Biden sembra solido, con un margine di ben 10 punti sul rivale, sempre secondo la media dei sondaggi RealClearPolitics.
Tuttavia, la vittoria inattesa che Trump riuscì a conquistare quattro anni fa ha reso alcuni analisti piuttosto scettici sull’affidabilità dei sondaggi. E’ stato studiato, infatti, un fenomeno di pregiudizio (il partisan non-response bias) che spingerebbe i sostenitori del candidato più penalizzato nei sondaggi a sottrarsi alle domande degli stessi sondaggisti.
Il risultato di tale avversione è che il distacco fra i due contendenti potrebbe essere molto meno ampio di quanto non emerga dalle rilevazioni.