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La percentuale di contagi da coronavirus registrati sui posti di lavoro

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I contagi registrati sul posto di lavoro rispetto ai casi totali da coronavirus

A fine settembre le denunce all’Inail di contagio da coronavirus sul posto di lavoro sono state pari a 54.128 unità, con un aumento di 1.919 denunce rispetto a fine agosto.
I 54.128 casi denunciati hanno un’incidenza del 17,2% rispetto al totale dei contagi nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data e concentrati soprattutto nei mesi di marzo (51,2%) e aprile (33,8%). I contagi da coronavirus sono pari a circa il 15% del complesso delle denunce di infortuni sul lavoro pervenute dall’inizio dell’anno.
Lo ha reso l’Inail evidenziando che i morti denunciati sono stati 319, 16 in più rispetto a fine agosto (per lo più i decessi sono distribuiti tra marzo e aprile, con nessun caso a settembre).

Dall’analisi territoriale emerge che più della metà delle denunce presentate all’Istituto (55,1%) ricade nel Nord-Ovest, seguito da Nord-Est (24,4%), Centro (11,9%), Sud (6,2%) e Isole (2,4%).
Concentrando l’analisi esclusivamente sui casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 56,7%, mentre il Sud, con il 16,0% dei decessi, precede il Nord-Est (13,8%), il Centro (11,6%) e le Isole (1,9%).

La Lombardia è la regione più colpita, con il 35,2% dei contagi denunciati e il 41,7% dei casi mortali.
Tra le province, invece, il primato negativo spetta a quella di Milano, con il 10,8% del totale delle infezioni sul lavoro denunciate, seguita da Torino (7,8%), Brescia (5,4%) e Bergamo (4,6%), che con 37 decessi, pari all’11,6% del totale, si conferma al primo posto per numero di casi mortali, seguita dalle province di Milano (8,2%), Brescia (7,8%) e Napoli (6,0%).

Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 70,3% delle denunce e il 21,3% dei decessi codificati precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono l’8,9% delle infezioni denunciate e il 10,7% dei casi mortali.
Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare) e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione.

Lo spartiacque del lockdown ha fatto emergere differenze anche nell’analisi dei contagi sul lavoro per professione. Se la categoria dei tecnici della salute – con il 39,2% delle infezioni denunciate, oltre l’83% delle quali relative a infermieri, e il 9,5% dei casi mortali – si conferma la più colpita, seguita dagli operatori socio-sanitari (20,6%), dai medici (10,1%), dagli operatori socio-assistenziali (8,9%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%), dopo il lockdown l’incidenza delle professioni sanitarie sul totale dei contagi da Covid-19 si è progressivamente ridotta.
La categoria dei tecnici della salute, per esempio, è passata dal 39,8% del primo periodo, maggio compreso, al 26,3% del quadrimestre giugno-settembre, mentre per i medici dal 10,3% nella fase di lockdown è scesa al 5,7% in quella successiva.
In settembre, però, l’incidenza di entrambe le categorie è tornata ad aumentare.

Con la ripresa delle attività, invece, è cresciuta l’incidenza di altre professioni sul totale delle infezioni da Covid-19 denunciate all’Inail. È il caso, per esempio, degli esercenti dei servizi di alloggio e ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,5% di giugno-settembre), degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (dallo 0,5% all’1,4%) o degli artigiani e operai specializzati (dallo 0,2% al 4,8%).