I Certificati: uno strumento flessibile d’investimento

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Articolo di Marco Lucentini, consulente finanziario di  San Benedetto del Tronto

 

I Certificati di investimento, più comunemente Certificati o Certificates sono strumenti cartolarizzati emessi da un intermediario finanziario, ovvero rappresentano una combinazione di contratti finanziari incorporati in un titolo che consentono di prendere posizione su un’attività finanziaria sottostante, quale ad esempio: un’azione, un indice azionario, una valuta, una materia prima o un tasso di interesse.

Attraverso i Certificati, si raggiunge l’obiettivo di poter offrire all’investitore strumenti finanziari legati a mercati ed a settori di investimento altrimenti non facilmente accessibili, con la possibilità di modulare il rischio/rendimento sulla base delle esigenze dell’investitore stesso, investendo al contempo su diversi orizzonti temporali e su diverse views di mercato ottimizzando il rischio complessivo del portafoglio tramite anche la diversificazione geografica e settoriale delle attività finanziarie sottostanti.

A seconda delle caratteristiche del tipo di strumento, i Certificati permettono così di sviluppare strategie volte a trarre giovamento dai rialzi, anche moderati, dell’attività finanziaria sottostante; dai ribassi, anche moderati, del sottostante; da fasi di mercato caratterizzate da una sostanziale lateralità.

E’ bene ricordare che essendo strumenti emessi da un intermediario finanziario, i Certificati espongono l’investitore al rischio emittente, ovvero il rischio legato alla capacità dell’emittente di adempiere alle proprie obbligazioni.

A seconda della propensione al rischio che caratterizza l’investitore, i Certificati permettono di avere diversi tipi di protezione del capitale:

da quelli che ne garantiscono la totale protezione, a quelli che ne garantiscono una protezione parziale o condizionata al rispetto di determinati parametri stabiliti in fase di emissione del Certificato, fino a quelli, generalmente rivolti ad investitori con una alta propensione al rischio, che non garantiscono la protezione del capitale.

A seconda delle caratteristiche specifiche e della protezione del capitale offerta all’investitore, è possibile classificare i Certificati in via generale nelle seguenti macro categorie individuate da ACEPI (Associazione Italiana Certificati e Prodotti di Investimento):

  • Certificati a capitale protetto;
  • Certificati a capitale condizionatamente protetto;
  • Certificati a capitale non protetto;
  • Certificati a leva

 

Certificati: uno strumento di efficienza fiscale

Dopo questa breve disamina, vorrei invece focalizzarmi sulle ragioni per cui i Certificati potrebbero rappresentare uno strumento alternativo ed utile per un Consulente Finanziario, uno strumento da utilizzare congiuntamente all’ampio catalogo di prodotti a sua disposizione per rispondere e soddisfare alle esigenze finanziarie e fiscali del cliente/investitore.

E’ importante sapere che i redditi provenienti dai Certificati, compresi i premi eventualmente distribuiti durante la vita del certificato, sono considerati come redditi diversi e per questo sottostanno all’applicazione della tassazione del 26% sul capital gain (dal 1 luglio 2014 in luogo del precedente 20%) con possibilità di compensazione delle minusvalenze maturate entro il quarto anno antecedente.

Il 31.12.2020 sarà l’ultimo giorno utile per poter utilizzare le minusvalenze maturate nel 2016, infatti dal 1 Gennaio 2021 questo credito fiscale andrà perso.

I risparmiatori che hanno urgenza di recuperare le minusvalenze maturate e non vederle così evaporare nel nulla con l’avvento del nuovo anno, potrebbero focalizzare l’attenzione sui Certificati con maxi coupon (anche fino al 30%!) che staccheranno una cedola entro il 31.12 p.v., perché come noto per le persone fisiche vale la data di cassa della plusvalenza, ovvero il flusso deve essere accreditato sul proprio conto corrente entro il 31.12.

La strategia consiste nell’acquistare il Certificato Maxi Coupon e rivenderlo dopo l’accredito della cedola. Ovviamente la scelta del Certificato è di vitale importanza, non bisogna guardare solo al maxi coupon, ma anche alle eventuali presenze dell’opzione autocallable e della bassa volatilità, in grado di sostenere il prezzo del certificato ed aumentare le probabilità di rimborso al valore nominale. Se si tratta di un basket sottostante, occorre poi analizzarne la composizione, verificando ad esempio la qualità e la numerosità dei singoli sottostanti ed il grado di correlazione che li contraddistingue. In tal senso la figura del Consulente Finanziario riveste un ruolo fondamentale.

Inoltre è fondamentale prestare attenzione a come il proprio intermediario applica la tassazione, infatti vi sono Istituti che effettuano la compensazione subito allo stacco della cedola (in tal caso le minus vengono recuperate immediatamente) ed altri Istituti invece effettuano la compensazione solo alla vendita dello strumento finanziario. Nei casi in cui il recupero delle minus non sia imminente potrebbero essere acquistati certificati che pagano cedole garantite (come i Fixed Cash Collect, i Premium Cash Collect ), o ancora Certificati a capitale protetto che quotano sotto la pari e che, rimborsando il nominale, consentono di ottenere un rendimento minimo.                                                                                                                                                   Ci sono ovviamente anche altre strade alternative per gli investitori che hanno accumulato minus non in scadenza imminente, come ad esempio comprare azioni e rivenderle ad un prezzo più elevato. Ciò mi genererà quindi un reddito diverso. Facile a dirsi ma non a realizzarsi poiché vi è comunque il rischio che l’operazione venga chiusa in perdita generando quindi una nuova minusvalenza.

 

La strategia “switch to recovery”: recuperare perdite pregresse con i certificati

Un’altra delle potenzialità dei Certificati di investimento, a cui un Consulente Finanziario può far ricorso sempre in ottica di offrire un servizio di consulenza alla clientela al di fuori dei canoni standard della semplice vendita e collocamento di prodotti,  è rappresentata dal cosiddetto “switch to recovery”: consente, a chi ha subito o sta subendo ingenti perdite su ad esempio un titolo azionario, di abbreviare le tempistiche di recupero del break-even point sfruttando il motore delle strategie in opzioni sottostanti i recovery bonus cap. Questi particolari Certificati, sono emessi ad un prezzo molto al di sotto della parità consentendo, al superamento del livello barriera a scadenza, di ottenere il rimborso del capitale nominale (in questi prodotti, infatti, vi è discrepanza tra valore nominale e valore di emissione).  Viene utilizzata la terminologia “recovery” per definire una strategia volta semplicemente al recupero, grazie ad una performance garantita da un’elevata leva finanziaria in grado di amplificare i movimenti del titolo sottostante senza però aumentare i rischi connessi all’operazione. Questa particolarità inerente al rischio, infatti, preclude da tale categoria quegli strumenti derivati di tipo leverage per i quali un aumento della performance al rialzo è proporzionale ad un movimento di senso opposto: discorso diverso è per i certificati di tipo investment che, a fronte di una rinuncia al dividendo da parte dell’investitore, consentono di accelerare le tempistiche di recupero permettendo di godere della leva solamente in caso di andamento rialzista del titolo.

 

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