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(WSI) – La settimana scorsa John Suterland, professore di Letteratura Inglese all´Università di Londra, ha sfidato i suoi studenti a ridurre l´Ulisse di Joyce a 160 battute, che è la capacità di un sms. E´ la sua minima lunghezza, vale a dire la parte lunga ridotta al minimo; o, se preferite, la sua massima brevità, vale a dire la cortezza contratta all´eccesso. Inaspettatamente ne è nato su Internet un avventuroso gioco alla moda: il gioco del pensiero corto.
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Meravigliando per primo lo stesso Suterland, gli internauti di tutto il mondo hanno infatti accettato la succulenta gara e hanno messo a dieta il pensiero, da Conrad a Dante, dai Promessi Sposi a Moby Dick. Il pensiero narrante, l´affabulazione è stata così consegnata ai digitantes (digito ergo sum) che scrivono “xché” e non perché, “nn” invece di non, “ki” per chi, “dm” per domani, “pm” per pomeriggio, “sn” per sono, “cmq” per comunque, “cs” per cosa… Nel pensiero corto, tutte le particelle pronominali di Petrarca hanno perso la i, e la poesia cosmico-intimista di Leopardi è diventata una sequela di suoni consonantici, un´implosione fonica: «E l nfrgre m dlc n qst mre». L´idea è che le vocali siano il grasso della comunicazione. E, in una visione anoressica del mondo, anche le belle frasi, come le belle ragazze, dovrebbero perdere l´adipe a favore del pensiero palestrato. Il gioco del pensiero corto ha attecchito non perché viviamo in un mondo di enigmistica, ma perché è un esempio concreto di quel pensiero che prima era diventato debole e ora appunto si è fatto corto, come ha dottamente sostentuto ieri su Le Monde l´acrobatico e amareggiato filosofo francese Yves Michuad, professore all´Univeristà di Rouen.
Insomma, è come se bisognasse vergognarsi di essere pensatori, di tenere il pensiero come si detiene un´arma, una spada, una scimitarra o una durlindana, che sarebbe meglio intanto accorciare per poi magari far sparire. Nella filosofia del pensiero corto, pensare è infatti ritardare il rapporto con le cose. E dunque chi pensa non vive, chi articola il pensiero disarticola la vita. “Sartre e le sue prl (parole) hanno rotto il Kz”, scrive su Internet un giovanotto svocalizzato di nome Adam. Tuttavia, lungamente pensandoci, si può forse dire che il pensiero lungo era già una somma di pensieri corti. “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, “Quel ramo del lago di Como”, “E la sventura rispose”, “Cantami o diva del pelide Achille” sono certamente pensieri concentrati.
E la poesia sibilante e dentale di Eliot, “Steel, stone; steel, stone; steel stone…” vuol dire acciaio e pietra ma è anche il passo chiodato e cadenzato di un esercito in marcia, il più terrificante e il più lungo dei pensieri corti. Del resto, ci ha spiegato appunto Michaud, noi viviamo in un mondo sincopato, dove, aggiungiamo noi, la scrittura robotica, che tanto concede alla punteggiatura, può essere anche profonda e intensa, icastica e acutissima come per esempio sulla nostra Repubblica dimostrano gli articoli preziosi e intelligenti di Ilvo Diamanti sui futuribili della società e della politica italiane che cambiano ogni settimana, perché il pensiero corto riesce persino ad avere un respiro lungo.
E può risultare bello il mondo senza Avvenire ma con mille futuri, un mondo ad esponenziale n, un infinito di possibili dove si ricomincia sempre, ma senza il pesante masso di Sisifo. Le figure e le maschere del pensiero corto sono il telefono portatile, il messaggino, l´I pod, la video clip, l´e mail, il rap, gli slogan pubblicitari, il blob, la cartellonistica, lo zapping, i sondaggi, la tv digitale e interattiva, il chat telematico, gli spot, i frontespizi d´autore, le retrocopertine, l´incontro di due sguardi in un aeroporto, il carrello del supermercato, il quarto d´ora di celebrità di una qualsiasi Lecciso, il senso di un uomo contenuto in un aforisma o in una barzelletta, la storia scandita da singole ore fatali, dai celebri “Momenti stellari” di Stephen Zweig. Nel mondo del pensiero corto anche l´Apocalisse è corta. Passa dalla muccapazza allo tsunami, dall´Aids all´influenza aviaria, transitando per l´obesità dei bambini e per il terrorismo islamista, dalla siccità alla bomba atomica coreana…
E sempre correndo da un ‘emozione a un´immagine, da un bacio perugina a una catafstrofe, dall´io minimo alla rivolta delle periferie, la vita diventa un viaggio velocissimo nella sconclusionaggine dell´asprezza sonora, un pensoso galleggiare nel nulla. L´illusione è quella dei frattali, con il pensiero corto che riproduce intensamente ma minimamente quello lungo, come in un granello lavico c´è già intera la forma della rovina da cui si è staccato. E´ l´idea (ingenua?) che un gigante sia un nano moltiplicato per cinque, che un bonsai sia il riassunto di tutto il mondo vegetale.
Mio nonno, che non aveva i soldi per portare la nonna a Venezia, nanificava la gondola a un piccolissimo “cinciòlo”, la più diffusa barca dei pescatori siciliani: il pensiero corto economizza, non paga il biglietto della complessità, semplifica e imbroglia perché soddisfa l´avarizia del nonno ma delude il desiderio della nonna. La fantasia frega la realta. Infatti il pensiero corto è la dissoluzione del pensiero sistematico già predicata da Nietzsche, è il mondo a mille dimensioni, proprio l´opposto a quello descritto e dileggiato da Marcuse. Il filosofo italiano Manlio Sgalambro già nel 1991 aveva scritto per Adelphi un saggio intitolato “Del pensare breve” che era, secondo lui, «il pensare dell´ipocondriaco», l´unico punto di contatto che ci è rimasto con la realtà: «Se Karl Kraus avesse scritto il Capitale, lo avrebbe fatto in tre righe». E l´illusione comunista non avrebbe avuto la durata di un secolo, sia pure breve.
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