Articolo di Vito Ferito, Direttore Commerciale di Gamma Capital Markets
La prima cosa che mi sono chiesto quando ho scelto di scrivere questo articolo è stata: cos’è la leadership? Ne sentiamo parlare e ne leggiamo continuamente, in parte forse perché è diventato un trend- topic, ma sicuramente perché organizzazioni e aziende di successo hanno compreso, da almeno un decennio, quanto faccia davvero la differenza saper guidare le proprie persone verso la realizzazione degli obiettivi, personali e aziendali, giorno dopo giorno.
E da qui, la mia prima risposta: la leadership non è semplicemente una dote innata, o una posizione lavorativa identificabile con la poltrona più grande o la retribuzione più corposa. Essa è piuttosto un’abilità che va affinata e allenata, che richiede impegno, qualche sforzo e investimento di tempo per poter essere effettiva e, quindi, efficace.
La leadership è dunque azione, pratica costante. Ma di cosa?
Spesso si traduce “leader” con “capo”, colui che comanda, che esercita potere su un team di persone. Forse questa definizione poteva funzionare e rispecchiare la realtà di qualche decennio fa, dove le gerarchie erano più statiche e accettate, dove le aspirazioni a crescere e a realizzarsi anche personalmente in ambito professionale erano minori e di minor intensità, dove lo stipendio era l’unico obiettivo.
In un mondo come il nostro, dove tutto cambia alla velocità della luce, dove anche la percezione del lavoro è cambiata e anche chi fa recruiting non cerca più solo le hard skills, il pool di competenze tecniche, ma anche, e talvolta in primis, le soft skills nei candidati, anche la leadership ha subito un adattamento.
Chi è il vero leader?
Al punto che essere un vero leader, e qui la mia seconda risposta, significa piuttosto essere “al servizio” dei propri consulenti e collaboratori, significa aiutarli ad aiutarsi, a realizzare obiettivi, a lanciare il cuore oltre gli ostacoli, infondere sicurezza e comprensione, offrire la possibilità di crescere come persone e non solo come professionisti.
Un esempio, per me mirabile, di questo approccio nel settore finanziario è Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, il più grande Hedge Fund al mondo, e il cui successo, per sua stessa ammissione, deriva anche dalla disciplina e costanza nell’esercitare la leadership con il suo team di lavoro. Dalio, nel suo libro Principles, oltre a fornire preziosi consigli per chiunque voglia carpire alcune leggi fondamentali del successo nel mondo del business, mette in luce come dare fiducia e responsabilità ai propri collaboratori ne aumenti coesione, motivazione e produttività e come investire sulla crescita personale e addirittura spirituale delle sue persone (Dalio offre la possibilità di meditare a tutti i suoi collaboratori) abbia un ritorno anche in termini economici e di prestazioni aziendali.
Pertanto, il leader, è sì colui che guida, ma in una modalità empatica, piuttosto che “verticale”; non è tanto colui che dice cosa fare ma che mostra come farlo, con la presenza e l’esempio; non è colui che schiaccia le idee altrui ma piuttosto le sa ascoltare attivamente, apprezzare e promuovere.
Insomma, se dovessi dare una definizione del vero leader, oggi, direi che è colui che sa costruire relazioni con il suo team e con ciascun collaboratore.
Emozioni personali ed esigenze aziendali
Le relazioni, basate sul rispetto e la fiducia, sono l’asset più importante per un manager.
Coltivare queste relazioni, sin “dalle radici”, deve quindi essere il primo e più importante obiettivo per chi gestisce consulenti e collaboratori, sia in un’ottica di talent acquisition e talent retention, sia per la crescita sana e prospera dell’impresa.
Sono queste considerazioni che mi hanno spinto a vedere una stretta correlazione tra leadership e fiducia, nella misura in cui le relazioni di cui ogni leader deve prendersi cura si fondano sull’opportunità di rappresentare un punto di riferimento affidabile, e, al contempo, la possibilità per i collaboratori di fidarsi dei propri responsabili.
C’è una metafora che mi ha colpito e affascinato ancora molti anni fa, quella che Stephen Covey, consulente aziendale e autore di fama internazionale, utilizza per parlare delle relazioni e del loro fondamento: il conto corrente emozionale. Funziona proprio come un conto corrente bancario, ovvero più alti sono i depositi, più il conto si rimpolpa; viceversa, più prelievi si fanno e più il conto si svuota. Questo conto sono le nostre relazioni, non solo quelle professionali, ma innanzitutto quelle personali, la cui moneta è la fiducia.
Come in questa metafora finanziaria, così nella realtà, un manager che vuole allenare la sua leadership deve essere orientato a effettuare cospicui versamenti nel conto emozionale dei suoi consulenti e collaboratori, nonché allenarli a fare altrettanto.
In pratica ciò si traduce in una serie di azioni da implementare e di cui avere cura, in particolare: impiegare anche una parte conspicua del proprio tempo “prezioso” per adoperarsi in un ascolto attivo e nella comprensione di quello che ci viene detto; attenzione ai piccoli dettagli del lavoro altrui; mantenere gli impegni presi e le promesse fatte; chiarire le aspettative e promuovere una comunicazione trasparente; essere coerenti tra i valori che si sbandierano e le azioni che si compiono; riconoscere gli errori e scusarsi sinceramente.
Per quanto possano sembrare semplici o addirittura banali vi assicuro che queste azioni rappresentano una sfida complessa per chiunque, seppur una sfida necessaria al fine di raggiungere reale benessere e prosperità. Queste abitudini da acquisire e allenare, alla base di una leadership fondata sulla fiducia, rappresentano un aiuto e un acceleratore al fine di creare maggior senso di coinvolgimento, maggiore responsabilità, motivazione a raggiungere i risultati attesi, senso di appartenenza all’azienda e lealtà verso il team da parte di consulenti e collaboratori.
Sono sempre più convinto che la chiave per il successo duraturo di un’azienda sia il successo di ogni singolo collaboratore, successo che dev’essere nutrito e fatto crescere con rispetto, condivisione e onestà a partire dalle fondamenta: la fiducia.
Questo articolo fa parte di una rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: social.brown@triboo.it
L’autore è esclusivo responsabile del presente contributo, su cui non è eseguito alcun controllo editoriale da parte di Brown Editore S.r.l.. Il presente articolo non può costituire e non deve essere considerato in nessun caso una sollecitazione al pubblico risparmio o la promozione di alcuna forma di investimento, ne raccomandazioni personalizzate ai sensi del Testo Unico della Finanza