Società

Debito pubblico, Intesa: “Dipendenza da Bce è ormai patologica”

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Otto anni dopo il “Whatever it takes” di Mario Draghi, l’Eurozona “continua a dipendere più che mai dalla Bce avendo sviluppato una dipendenza ormai patologica ad un livello di tassi negativo e ad una politica di acquisti di titoli pubblici che rendono artificiosamente sostenibile la dinamica, altrimenti esplosiva, del debito pubblico di alcuni Paesi”.

E’ quanto afferma la direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo in un report il cui titolo è tutto un programma: “L’insostenibile leggerezza del debito”. A differenza dell’essere di cui scriveva Milan Kundera, il debito, in verità, ha ben poco di “leggero”. A farlo apparire tale, sarebbe soltanto l’irruzione sul mercato secondario di un grosso compratore dal portafoglio potenzialmente senza fondo, la Banca centrale europea.

La liquidità è tornata protagonista dei mercati dei titoli pubblici, i cui gli spread rimangono sotto controllo nonostante i deficit e i rapporti debito/Pil siano in forte ascesa dopo le spese straordinarie anti-pandemia.
Di conseguenza, la percentuale dei titoli pubblici italiani attualmente acquistati dalla Bce ha superato quest’anno la soglia del 25%, rispetto al totale del debito emesso dal Tesoro. Una percentuale che mai era stata più elevata (si veda il grafico in basso).

 

E se i falchi dell’Eurotower dovessero invertire la tendenza troppo presto e ridurre gli acquisti di titoli italiani, spagnoli o portoghesi? Secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, gli squilibri tornerebbero a farsi sentire:

“Fuori dal cono d’ombra proiettato dalla Bce e senza i prestiti e sovvenzioni del Recovery Fund la politica fiscale italiana sarebbe forzata ad essere austera per i prossimi 10 anni, un periodo di tempo cosi esteso da rendere la ‘tenuta’ del paese una rischiosa lotteria”, scrive Intesa, alludendo alle tensioni sociali che aspetterebbero l’Italia nei prossimi anni.

Questa sempre maggiore dipendenza dal sostegno delle autorità europee invita i risparmiatori a riflettere sui futuri rapporti dei governi nazionali con le autorità Ue. Infatti, queste ultime potranno godere di un potere di persuasione decisamente più elevato che in passato:

“Il permanere dell’Italia dietro lo scudo fornito da Ue&Bce richiede, infatti, un costante impegno del governo italiano a rispettare e adeguarsi alle condizioni e agli standard europei soprattutto in materia di riforme e di bilancio”, prevede Intesa, “nel medio termine quindi gli eventi di carattere politico, come le prossime elezioni, mobilizzeranno un grado di volatilità molto al di sopra delle passate esperienze”.
Tradotto: un’eventuale affermazione dei partiti euroscettici potrebbe avere impatti sullo spread Btp/Bund più ampi rispetto al passato – qualora i loro programmi implicassero l’alienazione degli aiuti Ue.

Una minaccia per la tenuta dell’euro

Il problema, però, non è solo italiano: riguarda tutta l’Eurozona. “Il debito italiano per la sua grandezza è, insieme con quello spagnolo, in grado di determinare la deflagrazione dell’intera area, l’Italia è cioè ‘too big to fail’, cioè troppo grande per fallire”, spiegano gli analisti della banca, “ad aggiungere un altro livello di complessità all’analisi è che l’Italia è forse anche ‘too big to bail out’, cioè troppo grande per essere finanziata esclusivamente attraverso prestiti dei meccanismi di salvataggio europei (MES) se non, forse, per un breve lasso di tempo”.