La prima vicepresidente donna degli Stati Uniti è un’esponente dell’ala moderata del partito Democratico caratterizzata, però, da visioni più radicali in materia di sanità e commercio internazionale. La senatrice Kamala Harris, avvocato ed ex procuratore generale della California (anche qui, prima donna a ricoprire l’incarico), si era espressa a favore del piano di sanità universale Medicare For All lanciato da Bernie Sanders e contrastato, ieri come oggi, dal presidente eletto Joe Biden. Nel maggio 2019, poi, la Harris aveva dichiarato alla Cnn che, qualora ne avesse avuto la possibilità non avrebbe votato a favore del Nafta, il trattato di libero scambio fra Usa, Messico e Canada poi rimesso in discussione dall’amministrazione Trump. “Non avrei votato per il Nafta perché credo”, aveva detto, “che avremmo potuto fare di più per proteggere i lavoratori americani”.
Si tratta di posizioni che la distinguevano nettamente da Biden quando la senatrice della California era in corsa per le primarie – che per un breve periodo la videro fra le favorite prima del ritiro annunciato nel dicembre 2019.
Kamala Harris, la storia
Kamala Harris nacque nel 1964, figlia di una biologa arrivata dall’India come giovane laureata e di un economista della Stanford University originario della Giamaica. Non è certo un caso se la carriera politica della senatrice si fonderà soprattutto sulle tematiche legate ai diritti e all’integrazione. Fu proprio un diverbio sull’integrazione razziale nei primi anni Settanta a dividere Biden e la Harris durante le primarie, quanto la donna accusò l’attuale alleato di aver parlato troppo benignamente di alcuni senatori che avevano ostacolato lo scuolabus obbligatorio – che avrebbe favorito la vicinanza tra differenti etnie.
Ad avvalorare l’idea che Kamala Harris sia stata scelta come vice di Biden proprio per riunire un partito democratico divenuto molto più radicale di un tempo, c’è anche il suo fiero rifiuto dei finanziamenti delle grandi corporations. La Harris aveva chiarito che la sua campagna per le primarie sarebbe stata sostenuta solo dalle donazioni individuali:
“La nostra campagna”, aveva detto, “non prende un soldo dalle lobby o dai PAC, ed è una scelta deliberata”. Fu, però, per mancanza di fondi che la campagna per le primarie della Harris si dovette chiudere un anno fa. Un fallimento, ma anche una dimostrazione di coerenza.
In seguito alle sollevazioni seguite alle brutali uccisioni di cittadini afroamericani da parte della polizia, il tema della discriminazione è tornato al centro dell’attenzione nazionale. Le voci sulla possibile designazione della Harris come vice di Joe Biden si intensificarono proprio nel mese di maggio, segnato dalla morte di George Floyd a Minneapolis e dalle proteste, spesso violente, che esplosero dopo lo scandalo. Ferite sociali che, nelle intenzioni dei democratici, si sarebbero potute ricucire con più facilità affiancando a Biden una donna di colore. Ben più di questo, però, alla Harris non mancano né un curriculum professionale di pregio né una buona dose di carisma personale.