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(WSI) – Le Borse chiudono, per il terzo anno consecutivo, con buoni guadagni. Anzi, più che buoni. Ma, ed è l’aspetto più confortante, le valutazioni appaiono ancora sostenibili, per niente «gonfiate». Addirittura assai contenute secondo taluni criteri. E sì, perché se è vero che diverse piazze azionarie hanno raddoppiato le quotazioni del 2003, è altrettanto vero che gli utili sono saliti di un importo equivalente o superiore, sicché i multipli sono rimasti sullo stesso livello. Per di più, i tassi d’interesse sonnecchiano sui minimi, specialmente in Europa, cosa che rende le quotate ancor più che appetibili.
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In particolare, le azioni risultano più che convenienti secondo il metro classico, confrontando gli utili societari con il tasso d’interesse «a rischio zero», ovvero il rendimento dei titoli del debito di Stato. Il risultato, visto che i profitti volano alto e i rendimenti delle obbligazioni volano basso, è che Wall Street risulterà sottovalutata di un buon 35%, i listini del Vecchio Continente nientemeno che del 40-50 per cento.
A sentire Kevin Gardiner, responsabile del mercato azionario per il gigante bancario Hsbc, «la Borsa aumenterà di valore anche nel 2006 proprio grazie all’espansione dei multipli sugli utili che, a livello mondiale, stazionano ai valori minimi degli ultimi 15 anni». A proposito della politica della Fed, Gardiner aggiunge: «Una strategia basata sulla stretta monetaria, in passato, è stata sempre associata alla contrazione dei multipli delle quotazioni. Il 2005, in questo caso, non ha fatto eccezione: gli utili hanno registrato un’espansione straodinaria, ma che non si è riflessa nelle quotazioni di Wall Street.
Nel 2006, al contrario, il pendolo della Fed dovrebbe oscillare nella direzione opposta: il ciclo di rialzi salvo imprevisti sembra avviato a concludersi, liberando così di un’ingombrante zavorra il mercato azionario. In passato, nei 12 mesi successivi all’ultima stretta praticata dalla Fed, la Borsa newyorchese si è mossa all’insù». Anche i profitti aziendali non dovrebbero tradire gli ottimisti: per il 2006, gli analisti parlano di una crescita degli utili del 14% al di là dell’Atlantico e del 9% in Europa. Non male, se si pensa al record spettacolare degli anni recenti. Questo vale a livello globale.
Ma lo stratega di Hsbc scommette soprattutto sui listini d’Europa e del Giappone, lasciando in seconda linea gli Stati Uniti. La ragione? Primo, le valutazioni sono meno care rispetto a quelle segnate dalle corporation americane: «Dal 1975 al 1990 i titoli europei non offrivano alcuno sconto rispetto ai prezzi registrati dai concorrenti Usa. In parte, le quotazioni più alte in America si giustificano con il dinamismo di quell’economia, ma lo spread appare comunque troppo elevata: i numeri giustificano la mia preferenza per la zona euro». In conclusione, quotazioni modeste, tassi d’interesse incolori e il trend positivo degli utili aziendali sembrano dar corpo alla combinazione ideale per regalare agli investitori un 2006 ricco di soddisfazioni.
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