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(WSI) – A quale prezzo? Quanto dovranno ancora pagare gli italiani, come contribuenti, viaggiatori e inconsapevoli ostaggi nelle trattative fra politica, manager e sindacati, per tenere in vita artificialmente Alitalia? Non ci risulta che queste due domande siano state sin qui poste ai leader delle due coalizioni in una campagna elettorale, iniziata a tutto gas molto prima del dovuto per sfuggire alle maglie della par condicio. E’ il momento di farlo.
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Perché non illudiamoci: dopo le elezioni continuerà il gioco al rinvio. E sarà sempre più costoso. I cittadini pagano tre volte l’incapacità della politica di staccare la spina ad Alitalia. La pagano dapprima come contribuenti di uno Stato che continua ad intervenire per ripianare debiti di una compagnia che è arrivata a perdere fino a 50 mila euro all’ora e che ha quasi 2 miliardi di euro di debiti. La privatizzazione del novembre scorso è stata una farsa: un’operazione studiata a tavolino solo per salvare le apparenze, cercando di scongiurare l’intervento di Bruxelles per violazione delle misure contro gli aiuti di Stato. E’ costata tantissimo: lo Stato ha dovuto praticamente azzerare il valore della sua partecipazione per renderla appetibile al mercato.
I cittadini pagano poi come viaggiatori costretti a non poter utilizzare tariffe più basse, dato che la difesa di Alitalia ostacola non poco le liberalizzazioni del settore. Alitalia per il proprio rilancio punta, non a caso, proprio sui servizi intercontinentali, quelli in cui oggi è minore la concorrenza. E difende a spada tratta l’attuale allocazione degli «slot» aeroportuali, che le offrono la possibilità di monopolizzare i collegamenti fra centri importanti negli orari più ambiti e che le consentono di fatto il duopolio nella tratta Milano-Roma. Infine i cittadini pagano in quanto ostaggi delle agitazioni dei dipendenti della compagnia di bandiera che, sapendo che prima o poi lo Stato interverrà, utilizzano l’arma dello sciopero come una clava. Ieri decine di voli cancellati e la prospettiva che la flotta di Alitalia rimanga bloccata fino a martedì.
E’ solo l’ultimo episodio di una catena di scioperi che non si è interrotta neanche durante l’aumento di capitale. Dato lo stato dell’azienda, l’unico modo di spiegare il comportamento dei dipendenti è che sanno di poter contare sull’intervento dello Stato.
Quello dell’Alitalia è un vincolo di bilancio che non morde, devono ritenere. E sin qui è difficile dar loro torto. I continui rinvii dell’esecutivo sono i veri responsabili del deterioramento delle relazioni industriali. Mentre una maggiore informazione sui risultati dell’azienda potrebbe anch’essa favorire atteggiamenti più consapevoli da parte dei dipendenti. Secondo quanto riportato dal Sole24ore di ieri, vi sarebbe stato un forte calo dei ricavi negli ultimi tre mesi, che, proiettato sul 2006, porterebbe a perdite operative di circa 200 milioni. La bolletta Alitalia è solo destinata a diventare più salata col passare del tempo.
Prima o poi ci sarà liberalizzazione anche nei servizi aeroportuali fra Stati Uniti e Unione Europea, le uniche rotte su cui la compagnia di bandiera era riuscita a non perdere traffico negli ultimi anni. Più il mercato è liberalizzato, più Alitalia si assottiglia: nel traffico fra Italia e Paesi Ue ha, non a caso, le quote più basse e in più rapida discesa. A fronte di questi costi, quali sono i vantaggi di avere una compagnia di bandiera? Orgoglio nazionale? Immagine? Se sì, quale? Mentre molte compagnie europee sono tornate in utile dopo lo choc dell’11 settembre, Alitalia è diventata l’emblema di un sistema insanabile, ed è una palla al piede del nostro sistema produttivo. Obbliga le aziende a pagare di più nel far viaggiare i propri dipendenti, col costante rischio di vedersi cancellati i voli.
La difesa a oltranza della compagnia di bandiera riduce anche i flussi di turismo verso il Belpaese che potrebbero crescere di molto se permettessimo davvero l’ingresso nel nostro mercato delle compagnie low-cost. E data la forte elasticità della domanda al prezzo in questo settore, è molto probabile che perdite di posti di lavoro in Alitalia, destinate ad avvenire comunque, prima o poi, verrebbero più che compensate da assunzioni in altre compagnie operanti in Italia.
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