Società

GLI STUDENTI
DI GOOGLE INGRASSANO STANFORD

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(WSI) – In un certo senso Stanford University ha creato il miracolo Google, dato che ha fornito agli (allora) studenti Larry Page e Sergey Brin gli strumenti e le tecnologie necessari a sviluppare l’innovativo motore di ricerca. Ora Google restituisce il favore. A Stanford, ma anche alle altre università dell’Ivy League.

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Secondo la National Association of College and University Business Officers (Nacubo), un istituto di ricerca che studia i finanziamenti alle università, nel 2005 l’ateneo californiano ha visto crescere il proprio endowment (il totale dei fondi generati da investimenti e donazioni) del 23%, a 12,2 miliardi di dollari.

Un successo (si tratta del miglior risultato ottenuto dalle 10 università più ricche) dovuto soprattutto al ritorno sugli investimenti che Stanford ha fatto in Google e altre società della Silicon Valley. Per la maggior parte si tratta di partecipazioni ottenute tramite fondi di venture capital come Kleiner Perkins Caufield & Buyers (noto per aver dato i primi soldi ad altri miracoli della tecnologia quali Sun Microsystems, Amazon.com e Aol) e Sequoia Capital (Apple, Yahoo!, Cisco Systems). I dati sull’endowment di Stanford, terzo in ordine di grandezza (dopo Harvard, con 25,47 miliardi, e Yale, con 15,22 miliardi), escludono altri 336 milioni di dollari che l’università ha raccolto dalla vendita di azioni Google. Azioni che Stanford ha ottenuto in cambio dei diritti alla tecnologia di ricerca fornita a Page e Brin e sulla quale questi hanno creato il motore di ricerca.

Le università che hanno puntato su Silicon Valley hanno fatto grandi affari: nell’ultimo anno Harvard e Yale, con importanti investimenti anche in commodity, immobili e petrolio, hanno realizzato ritorni rispettivamente del 19,2% e 22,3%. Il successo di Google, intanto, ha convinto il ceo del gruppo, Eric Schmidt, ad accettare (per il terzo anno consecutivo) uno stipendio di un dollaro. D’altra parte, grazie alle stock option, il manager «vale» oltre sei miliardi.

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