Drammatico rallentamento dell’economia americana e pesante delusione, di cui si dovranno valutare le conseguenze sui mercati: il Prodotto Interno Lordo Usa – un dato che rappresenta il valore totale di tutti i beni e servizi prodotti e venduti nel Paese – nel quarto trimestre del 2005 ha registrato un aumento dell’1.1%. Si tratta della crescita piu’ debole degli ultimi anni.
Lo ha comunicato il Dipartimento del Commercio Usa.
L’indicatore, che rappresenta il dato preliminare, si e’ rivelato inferiore alle stime degli economisti che si attendevano un rialzo del 2.8%. La rilevazione finale del trimestre precedente era stata del +4.1%.
Il forte calo e’ dovuto principalmente alle deboli vendite di auto, ad un rallentamento degli investimenti, all’aumento delle importazioni e ad una flessione della spesa federale.
Il fattore piu’ preoccupante e’ che senza l’aumento delle scorte di magazzino, che sono state l’elemento di maggiore crescita del Pil nel trimestre le vendite finali sarebbero calate dello 0.3%, il primo calo dai tempi dell’ultimo trimestre di recessione nel 2001.
Il deflatore e’ salito del 3%, in rialzo rispetto alle previsioni degli economisti che erano per un +2.6%. Cio’ significa che pure l’inflazione comincia ad essere una preoccupazione, in questo caso crescendo piu’ del dovuto (uno scenario da stagflazione?).
Secondo le prime stime a caldo si tratta dell’incremento del Pil americano piu’ fiacco dal 2001, dovuto anche al fatto che le aziende hanno frenato l’acquisto di macchinari.
“L’euforia del terzo trimestre sara’ probabilmente rimpiazzata dai timori sul quarto” ha detto a Bloomberg Joel Naroff, presidente di Naroff Economic Advisors, uan societa’ della Pennsylvania. “Assisteremo a una transizione verso una crescita piu’ moderata, nella prima meta’ dell’anno. Sara’ un rallentamento, ma non un collasso”.
Mentre la crescita dell’economia degli Stati Uniti rallenta, l’inflazione “core” sale. L’indice dei prezzi delle spese personali al consumo – che non comprende alimentari ed energia – e’ salito con questo rapporto ad un tasso annuale del 2.2% nel quarto trimestre, sopra il target della Federal Reserve che e’ compreso tra +1% e +2%. Nel corso dell’anno passato il “core” di questo indice era cresciuto dell’1.9%.
Il dato mette con le spalle al muro (o comunque in una posizione non facile) il Federal Open Market Committee , che martedi’ 31 gennaio si riunisce per l’ultima volta a Washington sotto la presidenza di Alan Greenspan. Con una crescita tiepida la Fed sarebbe obbligata a lasciare i tassi a breve immutati oppure addirittura a tagliarli. Eppure le pressioni inflazionistiche suggerirebbero tuttora un irrigidimento dei tassi d’interesse.