Criptovalute, token e coin sono gli elementi di base per effettuare transazioni finanziarie e scambiare beni e servizi attraverso la blockchain.
L’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano definisce un token come “un’informazione digitale, registrata su un registro distribuito, univocamente associata a uno e un solo specifico utente del sistema e rappresentativa di una qualche forma di diritto: la proprietà di un asset, l’accesso a un servizio, la ricezione di un pagamento, e così via.
Al momento esistono diverse forme e funzioni di token: gli utility token consentono di accedere a un certo servizio; gli asset token certificano la proprietà di un certo bene; gli equity token danno il diritto di parola su un certo argomento (quando ad esempio si vota all’interno di un consiglio d’amministrazione).
Dalla possibilità di “tokenizzare” asset, prodotti e servizi si è aperta anche la possibilità di utilizzare la vendita di token come forma di finanziamento di nuove iniziative progettuali attraverso le Initial coin offering (Ico). Attraverso la Ico, l’investitore che sostiene la società emittente riceve in cambio, per l’appunto, dei token.
Questi ultimi possono essere sì scambiati attraverso la Blockchain, ma non sono assimilabili alle criptovalute.
Al contrario, l‘investitore che ha ricevuto il token della società acquisisce uno specifico diritto riconosciutogli dall’emittente. Ad esempio il token potrebbe essere utilizzato per usufruire dei servizi della medesima società, oppure potrebbe corrispondere, in modo più simile a un’azione, a una quota di proprietà dell’azienda.
Coin e criptovalute
Il Coin è un modo alternativo di chiamare le criptovalute, ovvero una moneta digitale basata sulla tecnologia blockchain.
La criptovaluta non esiste in forma fisica (anche per questo viene definita ‘virtuale’), ma si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Non è emessa quindi da una banca centrale o da uno stato che ne garantisce il sottostante. Non è pertanto possibile trovare in circolazione dei Bitcoin in formato cartaceo o metallico. La criptovaluta può essere scambiata in modalità peer-to-peer (ovvero tra due dispositivi direttamente, senza necessità di intermediari) per acquistare beni e servizi (come fosse moneta a corso legale a tutti gli effetti).
Token e criptovaluta, occhio alle differenze
La differenza cruciale fra le criptovalute e i token consiste nel fatto che questi ultimi non nascono con una loro propria blockchain, ma si appoggiano a una di quelle già esistenti – nel caso più frequente, quella di Ethereum. Quest’ultima, infatti, è una delle più versatili per la creazione di smart contract, i quali contengono a loro volta informazioni come il numero di token in circolazione, chi è abilitato a trasferirli, coloro che possono disporre dei token, le regole di accesso ai token.
A poter causare confusione è il fatto che alcuni token sono effettivamente utilizzati come forma di pagamento. Per questo l’Osservatorio del Politecnico di Milano invita a fare una distinzione, quella fra token fungibili e token non fungibili.
Ai primi appartengono le stablecoin (come Diem di Facebook) e le monete digitali delle banche centrali in corso di studio. “I beni fungibili sono quelli che possono essere sostituiti con qualcosa di identico”, spiega il Polimi, “a questa categoria appartengono token utilizzabili come criptovalute e in generale tutti quelli che hanno caratteristiche assimilabili a quelle di una moneta digitale”.
I token più intriganti sotto il profilo dei futuri scenari sono quelli che appartengono alla seconda categoria, i token non fungibili. “Con questi token è possibile rappresentare qualsiasi tipologia di asset, sia digitale che fisico”, ha scritto l’Osservatorio, “i non fungible-token vengono comunemente utilizzati per la gestione dell’identità digitale, i progetti di tracciabilità e dell’automazione dei processi di supply chain”.
Quale futuro aspetta i token
Le applicazioni dei token non fungibili portano a immaginare nuovi modelli di business, in cui sarà possibile rendere liquidi e facilmente trasferibili anche frazioni di beni fisici attualmente difficili da “smuovere”, come la proprietà degli immobili. Sotto questo profilo, c’è ancora molta strada da fare sotto il profilo giuridico.
“Quando i token sono collegati ad asset fisici, oggi permangono significative limitazioni nella capacità di garantire il rispetto dei diritti rappresentati dal possesso dei token”, aveva scritto Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Blockchain del Polimi, “ad esempio, cosa succede se un’azienda cede a terzi la proprietà immobiliare che ha “tokenizzato”? Chi ha acquistato i token non ha diritti di proprietà, riconosciuti dalle leggi dello stato, sull’asset e quindi oggi non si vede riconoscere alcuna garanzia”.