Il titolare di Candiani Denim svela i progetti dell’azienda per il 2021, incluso il denim stretch biodegradabile e i jeans su misura confezionati nella micro-factory di Milano
A cura di Margherita Calabi e Elisa Copeta
Candiani Denim, tessitura Made in Italy che produce ed esporta 16 milioni di metri di tessuto in tutto il mondo, è un’azienda che fa della ricerca, della sostenibilità e dell’innovazione i suoi punti cardine. Alberto Candiani, global manager e titolare di Candiani Denim, parla in esclusiva a Wall Street Italia dei progetti per il 2021.
Alberto Candiani, global manager di Candiani Denim
Quando nasce il suo amore per il denim?
“Il mio amore per il denim ha avuto due nascite: la prima, quella recondita, è nata con me il 20 settembre del 1982; la seconda è stata quando avevo 20 anni. All’epoca lavoravo part-time nell’azienda di famiglia, ero un universitario con una discreta carriera da deejay internazionale. Avevo una leggera forma di ribellione nei confronti di mio padre. Lavorando ho scoperto che questo mondo mi piaceva, quando mi sono laureato ho deciso di fare diventare la musica un hobby e dedicare professionalmente la mia vita al denim”.
Qual è la prima cosa che ha fatto quando è entrato ufficialmente in azienda?
“Mi sono occupato prevalentemente dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo. Mancava tuttavia una parte legata al marketing: mio padre, un uomo molto riservato, ha sempre detto: meno comunichiamo e meglio è, essere low-profile protegge il nostro know-how. Non si stava accorgendo che anche nel B2B qualcosa andava comunicato, non solo per raccontare una meravigliosa storia di Made in Italy e per legittimare le origini italiane del denim, ma soprattutto perché l’azienda cominciava a focalizzarsi molto sull’innovazione sostenibile. Noi siamo sostenibili per natura: la nostra azienda sorge nel Parco del Ticino, un luogo con severissime restrizioni ambientali, che è una garanzia di qualità del lavoro e rispetto dell’ambiente”.
È conosciuto come “Albert, quello della parola per Lei?
“Oggi essere sostenibili vuole dire produrre meglio di quanto non si sia fatto prima. Non vuole solo dire fare un prodotto più bello o performante, ma significa farlo in modo più pulito, più consapevole, più responsabile e più efficiente. Quel ‘fare meglio’ lega tantissimo la sostenibilità all’innovazione. Faccio un esempio: è impensabile che un nuovo modello di auto esca e possa essere meno performante, più inquinante e più caro di quello precedente. Il prezzo può essere una variabile, perché l’innovazione può avere grandi costi, ma non c’è dubbio che ogni modello deve essere sempre più performante e meno inquinante. Cerco di fare i nostri tessuti in questo modo: stiamo facendo degli importanti investimenti e utilizziamo materiali che costano di più, dal cotone organico ai coloranti biosintetici agli elastomeri biodegradabili”.
Nella sua formula di innovazione e sostenibilità, dove inserisce la creatività?
“Noi italiani siamo un po’ creativi e un po’ ingegneri, non dobbiamo fare necessariamente tutto ‘by the book’. Dal punto di vista dello sviluppo del prodotto, la creatività è interessante quando si parla di contenuti estetici. La mia è una creatività tecnica, dico tecnica perché cerco sempre di proporre delle soluzioni a dei problemi che mi spingono verso l’invenzione, quindi verso i brevetti”.
La collaborazione di Candiani Denim con Kings of Indigo
Ci racconta del vostro brevetto Coreva?
“Coreva è il progetto più all’avanguardia che stiamo per lanciare: è il primo denim stretch biodegradabile a essere prodotto nella storia della tessitura mondiale. Consente l’uso di una fibra vegetale, ricavata dalla gomma naturale, in sostituzione delle fibre sintetiche. Oggi c’è un grande problema nello smaltimento dei tessuti, che vanno a finire sottoterra o bruciati, quando potrebbero essere utilizzati come biofertilizzanti. Partendo da questa idea abbiamo cercato di risolvere il problema: è stato un percorso difficile, ma siamo riusciti nel nostro intento”.
Quanti metri di tessuto jeans producete all’anno?
“Sedici milioni. Non abbiamo una nostra confezione, ma se trasformiamo quei sedici milioni di metri in paia di jeans stiamo parlando di circa undici milioni di jeans prodotti con i tessuti Candiani Denim nel mondo. Jeanesis, in Piazza Mentana 3 a Milano, è la prima micro-factory di jeans su misura confezionati in loco da maestranze artigiane con l’utilizzo delle nostre tele denim più sostenibili e la più avanzata tecnologia. Per risolvere il problema della sovrapproduzione ogni singolo jeans viene prodotto solamente su richiesta: il cliente diventa designer e configura il proprio capo in ogni dettaglio”.
Jeans realizzati con tela sostenibile Candiani Denim
Quanto è importante il fattore umano in un’azienda come la vostra?
“Il fattore umano conta per il 51%, il resto è organizzazione struttura, industria e servizio. Non includo il prodotto per il semplice motivo che il prodotto è figlio delle idee e le idee sono figlie degli umani. Il fattore umano è assolutamente fondamentale: se la macchina non è perfetta, l’umano non è in grado di vincere il Gran Premio. Se parliamo di idee, l’aspetto umano è la benzina, per cui è una questione anche della benzina che si sceglie. Poi ci sono i fornitori che mettono a disposizione nuove tecnologie da utilizzare nel migliore dei modi. Noi siamo in una posizione molto privilegiata per- ché abbiamo accesso a nuove tecnologie molto prima degli altri”.
Ci tolga una curiosità… Quante paia di jeans ha nel suo armadio?
“Nel mio armadio ne ho una ventina, nel mio archivio ne ho circa 800”.