Economia

Immobiliare residenziale: le tendenze ai tempi del Covid secondo Ubs

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Immobiliare residenziale: le tendenze ai tempi del Covid-19

di Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM Italy

Il buon andamento dell’immobiliare residenziale potrebbe apparire in contrasto con l’attuale situazione economica, ma le attuali politiche economiche continueranno a sostenerlo. Le implicazioni della pandemia e delle politiche varate per contrastarne gli effetti economici sul settore immobiliare non sono ancora del tutto chiare.

Probabilmente le ripercussioni più pesanti riguardano il segmento uffici e commerciale nelle metropoli mentre, per quanto riguarda il residenziale, intuitivamente si potrebbe pensare a un doppio effetto negativo nelle grandi città: una diminuzione della domanda per via del maggior ricorso allo smart working e un calo del potere d’acquisto delle famiglie.

La combinazione di questi due elementi negativi sembra essere confermata, almeno temporaneamente, per quanto riguarda le locazioni, ma non per le compravendite, dove invece si registrano prezzi in salita e una domanda vivace.

Immobiliare, i fattori per cui il residenziale non risente della crisi

Il mercato immobiliare statunitense sta vivendo una fase di forte recupero sia in termini di prezzi che di volume delle transazioni. L’indice S&P/Case-Shiller National Home Price, che riassume le valutazioni del mercato residenziale, è cresciuto del 10,4% nel 2020 e il numero di operazioni è salito del 20%. Il fattore principale alla base di questo andamento sono i bassi interessi sui mutui.

Anche il mercato immobiliare europeo mostra segnali di ripresa, ancorché più moderati ed eterogenei. I prezzi sembrano salire nella maggior parte dei Paesi e il mercato si conferma vivace per quanto riguarda il numero di transazioni e l’attività edilizia, anche grazie alle ristrutturazioni effettuate per migliorare l’efficienza energetica, date le numerose agevolazioni fiscali disponibili in Europa.

D’altra parte, le politiche monetarie molto accomodanti messe in campo vengono definite da alcuni economisti addirittura come «repressione finanziaria» perché buona parte del mercato obbligazionario genera rendimenti bassi, inferiori al tasso d’inflazione. Volendo estremizzare si potrebbe dire che le banche centrali da una parte stanno migliorando la sostenibilità dei debiti e dall’altra vogliono stimolare gli investimenti per rilanciare occupazione e domanda. Molte risorse vengono quindi spinte verso asset reali, compreso l’immobiliare.

Difficilmente l’Europa avrà un recupero marcato come quello degli Stati Uniti: oltreoceano i tassi sui mutui sono scesi di 120 punti base (pb) nel 2020 rispetto alla media del periodo 2018-2019, mentre nella zona euro si sono ridotti solo di 30 pb. Ma il quadro europeo è eterogeneo: per esempio, causa lo spread, l’Italia solo di recente ha beneficiato appieno di tassi d’interesse bassi e sta quindi sperimentando maggiori riduzioni dei tassi applicati rispetto al passato.

In prospettiva, un altro motore del settore immobiliare residenziale è la disponibilità finanziaria delle famiglie. Queste hanno accumulato enormi risparmi nel 2020 poiché la spesa discrezionale è stata ridotta da blocchi e altre restrizioni legate al COVID-19. Su entrambe le sponde dell’Atlantico i tassi di risparmio lordo hanno raggiunto il 25% del reddito disponibile, un dato senza precedenti. Si stima che i risparmi «extra» accumulati superino il 3% del PIL.

Anche la disponibilità di nuovi alloggi influenza il mercato: l’offerta è abbastanza contenuta negli Stati Uniti rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, a causa dell’andamento demografico più vivace e della modesta attività edilizia dopo il 2008. Anche dopo una forte ripresa, l’edilizia residenziale pesa solo il 3,5% sul PIL degli Stati Uniti, mentre si attesta al 5,0% nella zona euro. L’offerta resta contenuta in Italia dove l’edilizia residenziale è rimasta in crisi dal 2009 fino al 2016, anno a partire dal quale si è evidenziata una debole crescita.

Insomma, la ripresa del settore immobiliare residenziale in Europa è destinata a essere inferiore a quella degli Stati Uniti. Come evidenziato nel rapporto UBS Global Real Estate Bubble Index pubblicato a settembre 2020, diverse grandi città dell’Eurozona presentano valutazioni elevate. In Germania i prezzi sono cresciuti per undici anni consecutivi e in Francia per sei, mentre in Italia e Spagna i prezzi in termini reali sono scesi e si sono solo stabilizzati negli ultimi anni.
Proprio il mercato residenziale italiano potrebbe beneficiare in particolar modo delle politiche economiche messe in campo per contrastare la crisi del coronavirus, sia per quanto riguarda le compravendite che per l’attività di riqualificazione energetica, risultando tra i settori meno colpiti dalla pandemia.