Prime prove di un ritorno alla vita pre-coronavirus negli Stati Uniti. Microsoft ha annunciato che, a partire dal prossimo lunedì, una parte dei suoi dipendenti tornerà a lavorare nella sua sede a Redmond, Washington, pur riconoscendo che la vita lavorativa potrebbe non essere più la stessa.
In questa fase di riapertura, che il colosso del software ha descritto come la quarta in sei fasi, il campus di Redmond offrirà a circa 57.000 dipendenti non essenziali la scelta di lavorare dall’ufficio, da casa o da una combinazione di entrambi. Per chi si recherà in ufficio, la società continuerà inoltre a richiedere ai dipendenti di indossare la maschera e mantenere le distanze sociali.
Un passo in avanti, dunque, ma ancora lontano dell’apertura degli uffici senza restrizioni. Una condizione, quest’ultima che, secondo le indicazioni, sarà possibile solo quando il virus si comporterà come “un’influenza stagionale”, ha scritto sul blog dell’azienda Kurt DelBene, vicepresidente esecutivo del gruppo. Ma anche allora, appare difficile che la vita in ufficio dei 160.000 dipendenti di Microsoft possa assomigliare a quella che aveva prima della pandemia.
Joe Biden, ha detto che spera in un ritorno alla normalità entro il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza. Per quel giorno il presidente Usa promette agli americani l’indipendenza dal covid, anche se al momento sono ancora numerose le incertezze, a partire dalle nuove varianti che mantengono alta la soglia di attenzione nei confronti dei contagi.
Microsoft e Corporate America divisa sullo smart working
Le aziende americane hanno adottato un approccio diverso nei confronti del lavoro da remoto, modalità che sia è affermata nell’ultimo anno proprio per evitare un aumento dei contagi.
Inizialmente i big della tecnologia si erano detti molto propensi al lavoro da casa ma nelle ultime settimane evidentemente sta cambiando qualcosa. Nei giorni scorsi era stato l’a.d di Apple Tim Cook a premere il ritorno in ufficio dei suoi dipendenti.
Tra i settori che peggio ha digerito lo smartworking, spicca quello finanziario.
Poche settimane fa, David Solomon, ceo di Goldman Sachs, ha definito lo smart working “un’aberrazione” e ha esortato il governo federale a incentivare il rientro dei dipendenti in ufficio. “Non voglio altri dipendenti che lavorino in remoto”. “Per noi non è l’ideale e nemmeno la nuova normalità”, ha tuonato Solomon, che negli ultimi giorni ha dovuto far fronte anche alle pesanti accuse suo turni di lavoro massacranti arrivate dagli analisti.
“Dobbiamo correggere questo andazzo il prima possibile. Non voglio che i tirocinanti, che inizieranno a lavorare in estate, lo facciano da remoto”.