Economia

Goldman Sachs: altro che bonus, capi mandano scatola di snack ai banker junior

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Una scatola con snack e frutta. Così alcuni manager senior di Goldman Sachs hanno provato a farsi perdonare dopo le pesanti accuse mosse da una gruppo di giovani analisti della banca Usa che, durante la pandemia, hanno denunciato condizioni di lavoro “disumane”. Il cadeau, per inciso, è stato pagato dai manager non dall’azienda.

È quanto riporta The Guardian, sottolineando che i banchieri junior hanno detto al quotidiano inglese di apprezzare il gesto ma che appare decisamente ridicolo se paragonato a quanto fatto dalle banche concorrenti .

“Ciò di cui abbiamo bisogno non è un gesto del manager ma dell’azienda”, ha spiegato al Guardian uno dei banchieri junior della Goldman Sachs.

I “colleghi” di Credit Suisse hanno ricevuto un bonus una tantum di $ 20.000 per aver affrontato un carico di lavoro “senza precedenti” dell’ultimo anno mentre Jefferies ha offerto ai 1.124 dipendenti junior prodotti Apple e attrezzature per l’allenamento. Pochi giorni fa, il CEO di Citigroup Jane Fraser ha vietato le videochiamate di lavoro il venerdì e ha introdotto una festività aziendale denominata “Citi Reset Day”.

Goldman Sachs, l’inizio della storia

Tutto è nato dopo che in sondaggio recente condotto all’interno dell’azienda un gruppo di analisti appena assunti della divisione ‘investment banking’ ha denunciato turni di lavoro massacranti, fino a 100 ore alla settimana, che mettono gravemente a rischio la loro salute mentale e fisica.

Quattro giorni dopo l’uscita del sondaggio, il CEO David Solomon ha detto che la banca avrebbe lavorato di più per dare ai giovani banchieri il sabato libero. Ha attribuito le ore lunghe e impegnative al lavoro da casa e al boom degli affari durante la pandemia.

Ma allo stesso tempo ha però sottolineato che si aspetta che Goldman Sachs continui a rispondere alle alte aspettative dei suoi clienti:

“Ricordatevi – ha spiegato in un video messaggio – se tutti facciamo quello sforzo in più per il nostro cliente, anche quando sentiamo che stiamo raggiungendo il nostro limite, può davvero fare la differenza nella nostra performance”.