Articolo di Francesco Raul Gabriele, consulente finanziario di Vasto
In questi giorni più che mai, non si fa altro che leggere e sentire di aumento dei tassi di interesse, aumento dei rendimenti, obbligazionario che torna interessante, ne siamo davvero sicuri?
Quanto rende un BTP?
Per poter capire meglio quello che sta effettivamente, a mio parere, succedendo nei mercati finanziari occorre illustrare brevemente come si comporta e cosa scaturisce il variare del rendimento di un’obbligazione a tasso fisso, come BTP, BUND E TREASURY a 10 anni, ovvero quelle prese di mira in questo periodo.
Gli investitori obbligazionari utilizzano spesso un parametro di rendimento chiamato “rendimento alla scadenza” per valutare un’obbligazione rispetto ad un’altra.
Il rendimento alla scadenza rappresenta il guadagno complessivo che un investitore percepisce dal possesso di un’obbligazione fino alla sua scadenza.
L’argomento centrale di questo articolo è il recente aumento dei rendimenti che hanno avuto i principali Bond Governativi a 10 anni, e spiegare perché questo sia un segnale positivo per il sistema economico ma non un incentivo ad entrare su tali asset.
Reale profilo di rischio
Investire in titoli obbligazionari comporta l’esposizione dell’investitore a tre tipologie di rischio; rischio di credito, rischio di tasso e rischio di liquidità.
- Rischio di credito, è il rischio in assoluto più elevato poiché in caso di default (fallimento) dell’emittente significherebbe perdere l’intero capitale nominale investito.
- Rischio tassi, legato alla variazione dei tassi di interesse, questo perchè in caso di aumento tassi, si potrebbe avere una diminuzione del valore delle obbligazioni in portafoglio, i prezzi delle obbligazioni hanno un rapporto inversamente proporzionale con i tassi d’interesse. Ciò significa che, quando i tassi salgono, i prezzi delle obbligazioni scendono. Per contro, quando i tassi scendono, sono i prezzi delle obbligazioni a salire, influenzando il rendimento a scadenza.
- Il rischio di mercato, è quello connesso alla liquidità di una obbligazione, sarà molto più difficile riuscire a trovare una controparte che sia disposta ad acquistare i titoli da noi detenuti se non a condizioni decisamente sfavorevoli per il venditore.
Attualmente stiamo vivendo in un contesto economico finanziario caratterizzato da tassi prossimi allo zero, di conseguenza le continue aste di obbligazioni governative incorporano tassi che il mercato presenta. Bisogna precisare che i tassi vengono gestiti dalle banche centrali, per applicare la loro polita monetaria, abbiamo la Banca centrale europea per l’Unione Europea e la Federal Reserve per gli Stati Uniti d’America.
Questi utilizzano i tassi di interesse per intervenire sul mercato di competenza, utilizzano ovviamente degli indicatori per capire come doversi comportare, per la Banca centrale europea l’indicatore in continuo monitoraggio è l’inflazione, con un obbiettivo del due percento, mentre per la Federal Reserve è il tasso di disoccupazione, con l’obbiettivo di tenerlo sempre sui minimi. Ora su cosa bisogna ragionare, come accennato prima, le banche centrali hanno dei parametri di riferimento per capire quando abbassare o alzare i tassi.
La curva dei rendimenti
Se guardiamo alla Banca centrale europea, questa ha un obbiettivo di inflazione del 2%, quindi terrà i tassi bassi fino a quando non raggiungerà tale obbiettivo, ma attenzione perché non è poi così lontano, oggi l’inflazione dell’area euro è di 1,3%, la Federal Reserve ha invece come obbiettivo quello di abbassare e contenere quanto più possibile il tasso di disoccupazione, ed oggi questo è sceso al 6%, tenendo presente che l’economia Americana si sta riprendendo dai danni causati dalla pandemia e considerando il pacchetto di aiuto di 2.100 mld di dollari che sta per arrivare nel sistema economico americano non è molto lontana una nuova riduzione del tasso di disoccupazione Americano.
Tanto è vero che se si vanno ad analizzare le curve dei rendimenti dei Bond Governativi, prima elencati, possiamo notare che nel breve periodo la curva dei rendimenti è leggermente inclinata positivamente quasi piatta, se non inclinata negativamente come per i Bund Tedeschi, mentre nel lungo periodo sono inclinate positivamente.
La regola vuole che l’investitore chiede rendimenti più elevati sulle obbligazioni con scadenze più lunghe per compensare l’inflazione, i futuri aumenti dei tassi e in generale l’incertezza del futuro.
Elemento importante da non sottovalutare e che la forma della curva dei rendimenti ci dice se, in base alle previsioni, i tassi d’interesse saliranno o scenderanno in futuro. Ad esempio, un’inclinazione verso l’alto indica che gli operatori di mercato si aspettano un rialzo dei tassi, che si traduce in una economica in crescita. Se andiamo ad analizzare lo scenario di lungo termine, il mercato si aspetta un aumento dei tassi di interesse e quindi la presenza sul mercato di obbligazioni con rendimenti superiori di quelli che è possibile acquistare oggi. Di conseguenza il rischio di tasso e di liquidità accennato in precedenza, è più che prevedibile, immaginate oggi di acquistare una obbligazione che renderà a scadenza tra 10 anni 2 punti percentuali, nel momento in cui si andranno a rialzare i tassi voi subirete il rischio di tasso, ovvero avrete in portafoglio un obbligazione con un rendimento inferiore a quello che offre il mercato, ma non finisce qui, perché in questo momento non ci saranno compratori che saranno interessati ad acquistare la vostra obbligazione, a meno che non la svenderete accettando una perdita, quindi soffrirete anche del rischio di liquidità, ovvero del non riuscire a vendere la vostra obbligazione presente in portafoglio.
Mi permetto quindi di dire, che questi recenti aumenti di rendimento non devono assolutamente essere uno spunto per entrare in asset obbligazionari, tanto meno non devono essere visti con preoccupazione, perché a mio avviso l’unico segnale che questi ci stanno dando e che stiamo uscendo dalle macerie economiche che il covid-19 ha comportato.
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