Fare consulenza in pandemia: dalle videochiamate alla firma digitale, come cambia il rapporto con il cliente
Articolo di Stefania Quaglino, consulente patrimoniale e finanziario & group manager di Sanpaolo Invest
Un nuovo approccio alla consulenza, basato non più solo sul contatto fisico, ma anche sulle nuove tecnologie: è questa la strategia che abbiamo adottato per far fronte alle nuove esigenze emerse con la pandemia.
Nelle prime settimane di emergenza la prima esigenza è stata quella di stabilire un contatto di qualsiasi tipo anche solo telefonico.
A differenza di passate crisi finanziarie, mi sono resa conto che i destinatari questa volta hanno apprezzato in particolare il fatto che ci interessassimo di loro e della loro salute. Nessuno mi ha chiamato chiedendomi con urgenza delucidazioni sugli investimenti: questo significa che i loro pensieri erano tutti focalizzati sulla salute, e non sulla redditività del portafoglio. La differenza più grande non è stata quindi nel modo di gestire una crisi, perché la reazione deve essere sempre di immediata vicinanza al cliente, ma nei contenuti delle telefonate.
Durante il lockdown abbiamo anche iniziato a usare nuove modalità di connessione, in particolare le videochiamate: molti clienti di una certa età in quel periodo hanno imparato, ad esempio, a parlare con i familiari via whatsapp e quindi è stato il mezzo più semplice per contattarli. Con le videochiamate è stato possibile stabilire un contatto in qualsiasi momento, senza le limitazioni dovute al lockdown.
Quindi grazie alla tecnologia, improvvisamente vissuta dal cliente come una opportunità, ho potuto rassicurarli sul fatto che avevo sotto controllo la situazione, che ero operativa al 100% da remoto e che sarebbe stata mia premura avvisarli di qualsiasi cambiamento avremmo dovuto affrontare.
In una fase successiva, sempre al telefono, ho riflettuto con loro su come anche i mercati finanziari, influenzati dal sentiment e dall’emotività, avevano reagito in modo molto violento. Il mio consiglio è stato quello di mantenere la calma: non è in questi momenti che si devono prendere decisioni sugli investimenti perché c’è il rischio che siano prese “di pancia”, risultando avventate e non frutto di una strategia concordata per raggiungere il risultato atteso. Anche in questo caso il mio lavoro è stato di tipo psicologico: far sì che i clienti rimanessero calmi e sereni.
Da allora è passato più di un anno e in questo periodo gli appuntamenti effettuati in presenza sono stati molti di meno. Per me questo ha significato una riduzione notevole dei chilometri percorsi e quindi del tempo necessario per gli spostamenti; e per la maggior parte dei clienti il contatto in modalità video è stato sufficiente, perché alla fine quello di cui hanno bisogno è sentire la tua voce mentre ti guardano negli occhi. Chiaramente, da parte di alcune persone più anziane è emersa l’esigenza di ricominciare con le visite in presenza, che abbiamo accolto volentieri, anche se il modus operandi della videochiamata è destinato a restare. Anche per quanto riguarda i contratti, in questo periodo ho utilizzato spesso le tecnologie come la firma digitale, che sono state di grande aiuto: anche i clienti hanno ammesso che queste modalità sono molto più comode.
I canali sono cambiati ma il rapporto è rimasto identico: i miei clienti mi hanno raccontato delle difficoltà incontrate da parenti e colleghi, durante il lockdown, nell’accedere ai servizi bancari, mentre con noi consulenti la relazione è proseguita molto piacevolmente sulla stessa linea di sempre.
Sul fronte della gestione del portafoglio, ho adottato un approccio un po’ diverso, infatti durante questi mesi mi sono trovata a raccomandare di tenere un po’ di liquidità in più sul conto corrente, perché la situazione è molto differente rispetto al passato, quando si potevano effettuare investimenti di breve termine redditizi e facilmente liquidabili in sicurezza. Questa volta, invece, ho suggerito ai clienti di fare in modo di avere la riserva sufficiente per gestire eventuali momenti di difficoltà o esigenze improvvise, piuttosto che essere costretti a disinvestire forzatamente e male. Il tutto ovviamente con buon senso: non parliamo di cifre elevate, ma se prima si consigliava di tenere almeno due o tre mensilità “libere” sul conto, per far fronte a ogni esigenza, oggi il mio suggerimento è di aumentare questa riserva, perché non si sa mai cosa potrebbe accadere. Questo, oltre a tranquillizzare, mi ha permesso di continuare a condividere con i clienti l’orizzonte di lungo periodo che alcuni investimenti necessitano per dare risultati.
Il tempo è una ricchezza che non tutti hanno, ma resta una delle variabili che può cambiare il destino di un patrimonio.
Questo articolo fa parte di una rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: social.brown@triboo.it
L’autore è esclusivo responsabile del presente contributo, su cui non è eseguito alcun controllo editoriale da parte di Brown Editore S.r.l.. Il presente articolo non può costituire e non deve essere considerato in nessun caso una sollecitazione al pubblico risparmio o la promozione di alcuna forma di investimento, ne raccomandazioni personalizzate ai sensi del Testo Unico della Finanza