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IPO, EDISON, DATAMAT

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(WSI) –
Ipo

Il drenaggio di liquidità è all’origine dei guai dei mercati azionari. Ma quando si tratta di «nuova carta» gli investitori non mancano mai. O per lo meno, questo insegna la storia recente delle Ipo di Piazza Affari. Lo scorso anno le nuove offerte hanno registrato, in media, una oversubscription di 3,58 volte da parte della clientela retail e di 4,47 volte dagli investitori istituzionale. Mentre a metà (o quasi) del 2006 il multiplo è salito a 4,76 per il retail e a 5,56 per gli istituzionali.

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Anche le ultime matricole, approdate al listino quando la correzione era in atto, non sono sfuggite a questa regola generale se si considera, per esempio, che la domanda degli istituzionali per Nice è stata pari a 14,13 volte il quantitativo loro destinato, mentre le richieste dei clienti retail è stata di 6,13 volte superiore all’Offerta. L’analisi delle Ipo mette in luce una tendenza sorprendente: quasi sempre gli investitori retail mostrano un «fiuto» maggiore rispetto agli istituzionali.

Eurotech, che dal collocamento è salita del 202%, aveva avuto una oversubscription di 11,34 volte tra i retail e di 3,17 tra gli istituzionali, Apulia (più 41,4%) di 12,79 volte per i primi e 4,16 per i secondi, Bioera (più 57,9%) di 27,69 e 8,51 volte. Questa regole ha qualche eccezione: per esempio, Banca Italease, salita del 254% dal collocamento, aveva avuto richieste per 6,24 volte dai piccoli investitori e di 12,92 dai grandi. Questa legge empirica vale anche nella direzione opposta: nella gran maggioranza dei casi, quando una matricola delude le maggiori richieste erano arrivate dagli istituzionali. Eurofly (scesa del 45% dal collocamento) aveva raccolto 1,13 volte l’Offerta tra il retail e 1,84 tra i grandi, idem per Safilo, Marazzi, Eems e Ansaldo Sts. A questo punto va fatta qualche domanda ai gestori italiani: ma la crisi dei fondi è solo colpa del fisco e della burocrazia, o dipende anche dal fatto che l’azzeccano poco?

Edison

Umberto Quadrino non può certo essere scambiato per un boiardo di Stato, vista la lunga e brillante carriera come manager di aziende private. Ma quando l’attuale ad di Edison chiede la scissione tra Eni e Snam Rete Gas, diventa inevitabile pensare a quale maglia indossa sotto la grisaglia. E la maglia, in questo caso, è quella di Edf, il monopolista di Stato francese, il quale non solo si è sempre sottratto a qualsiasi spezzatino, ma ha anche profittato della sua condizione per fare razzia di aziende elettriche (private) in tutta Europa. Siamo quindi in piena sindrome Nimby (Not in my backyard), per cui i soli spezzatini graditi sono quelli degli altri. Ora, non vorremmo infilarci in una discussione sulla bontà o meno della separazione tra Eni e Snam Rg. Ma fresco è il ricordo di uno spezzatino, quello dell’Enel, alla quale venne imposta una «nanificazione» dall’allora ministro Bersani (corsi e ricorsi) per creare una concorrenza tra operatori nel mercato elettrico. Purtroppo, il più promettente tra loro, l’Edison, venne nazionalizzato da Edf. E all’Enel che cerca spazio in Francia la risposta è la fusione tra Suez e Gaz de France. Che, a occhio e croce, non è uno spezzatino ma il suo opposto.

Datamat

Il rimbalzo generalizzato di Piazza Affari non ha coinvolto le azioni Datamat, rimaste immobili a 9,70 euro. La società, nello scorso dicembre, era stata oggetto di un’Opa a 9,65 alla quale è seguito un lungo periodo di incertezza sulle intenzioni della controllante, Finmeccanica, di togliere o meno il titolo dal listino. Mercoledì sera, a mercato chiuso, Finmeccanica ha annunciato di avere raggiunto il quorum necessario per la residuale: questo dà il pallino in mano alla Consob, alla quale spetta di fissare il prezzo, ed è di solito ragione di rialzo del titolo, perché la Commissione tende a fissarlo a un livello più elevato. Come mai allora questa apatia di Datamat? Perché gli investitori, a torto o a ragione, pensano che Lamberto Cardia non farà uno sgarbo a un’azienda pubblica, alzando troppo il prezzo della residuale.

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