*Luciano Pietronero, Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza, Istituto dei Sistemi Complessi, CNR, Roma. Questo articolo e’ stato presentato la prima volta al Convegno: “Il Filosofo e il Facchino” (Adam Smith), Venezia 25 Maggio 2006, Auditorium Santa Margherita, con il titolo Complessità e Interdisciplinarietà nell’Organizzazione Scientifica. Il contenuto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – SOMMARIO
In questo articolo discutiamo vari argomenti in modo discorsivo con l’intento di stimolare connessioni inusuali e suggeriamo che alcuni recenti concetti scientifici del campo dei sistemi complessi possono fornire paradigmi di utilizzo concreto per problemi organizzativi e decisionali in vari campi. Si parlerà di complessità, teoria del caos e inefficienza dei controlli burocratici, gli scandali italiani, il CNR e l’INFM, la valutazione CIVR come feedback verso l’attrattore desiderato, Google Scholar, come controllare le dinamiche caotiche e i concorsi a cattedra, la scarsa rilevanza degli aspetti legislativi e l’efficacia di elementi incentivanti, i generali di Napoleone, la valutazione dei progetti scientifici e il paradosso della competenza, l’ importanza della tolleranza, l’azienda efficiente sostituita da quella adattativa, il fenomeno Google e altro.
LA SCIENZA DELLA COMPLESSITÀ
Lo studio dei sistemi complessi riguarda l’emergere di proprietà collettive in sistemi con un gran numero di componenti in interazione tra loro. Questi elementi possono essere atomi o batteri in un contesto fisico o biologico, oppure persone, macchine o imprese in un contesto economico. La scienza della complessità cerca di scoprire i presupposti e il comportamento emergente dei sistemi complessi, elementi spesso invisibili agli approcci tradizionali, focalizzandosi sulla struttura delle interconnessioni e dell’architettura generale dei sistemi, piuttosto che sui loro singoli componenti.
Si tratta di un cambio di orientamento nella forma mentis degli scienziati più che di una nuova branca scientifica. La scienza tradizionale si basa su un ragionamento riduzionistico per cui se sono noti tutti i fattori che concorrono a creare una situazione, è possibile prevederne il risultato e viceversa. È facile però rendersi conto che per una cellula o per le dinamiche socio-economiche si è di fronte ad una nuova situazione in cui la conoscenza delle proprietà degli elementi individuali non è sufficiente per descrivere la struttura nel suo insieme. Possiamo rappresentare questa situazione come lo studio della “architettura” della materia e della natura. Essa dipende in qualche modo dalle proprietà dei “mattoni”, ma possiede poi caratteristiche e leggi fondamentali che non possono essere ricollegate a quelle dei singoli elementi. A partire dai sistemi fisici più tradizionali, come quelli critici in cui competono ordine e disordine, questi comportamenti emergenti si possono identificare in molti altri sistemi, dall’ecologia e dai sistemi immunitari nell’economia e nell’imprenditoria. La scienza della complessità si prefigge l’obiettivo di comprendere questi sistemi. Quali “regole” ne governano il comportamento? Come si adattano ai cambiamenti? Come apprendono in modo efficiente e come ottimizzano il loro stesso comportamento?
Lo sviluppo della scienza della complessità non si riduce ad una singola innovazione tecnologica o teorica ma sottintende ad un nuovo approccio scientifico che ha enormi potenzialità per influenzare profondamente le attività scientifiche, sociali, economiche e tecnologiche. In questo contributo esploreremo alcune di queste implicazioni per i processi di valutazione e di organizzazione.
Complesso e complicato
Il termine “complesso” viene usato in molti modi in diversi campi. Proviamo qui a chiarire in modo semplice la differenza tra complesso e complicato. Un oggetto della moderna tecnologia, tipo un televisore, un telefono cellulare, un aereo o un impianto nucleare sono certamente molto complicati. Ma esiste la possibilità, almeno per gli esperti e per chi lo ha progettato di sapere esattamente come funziona e quali sono tutte le sue caratteristiche. C’è da qualche parte un progetto dettagliato di tipo top down. Un importante esempio di sistema complesso è invece rappresentato dalla struttura delle reti complesse quali Internet o il World-Wide-Web, che rappresentano oramai la base delle comunicazioni personali, commerciali e militari a livello planetario. Esse hanno però l’incredibile caratteristica di non essere state progettate da nessuno! L’usuale approccio top down della progettazione di una rete telefonica o satellitare è sostituito da una dinamica bottom up in cui nuovi server si aggiungono alla rete o ne vengono eliminati. Questo tipo di dinamica presenta aspetti di auto-organizzazione ed evoluzione biologica che richiedono una visione completamente nuova e interdisciplinare.
I SORPRENDENTI SCANDALI ITALIANI
L’Italia è certamente un paese molto burocratico, sebbene negli ultimi tempi ci siano stati alcuni lodevoli iniziative di semplificazione. L’obiettivo del controllo burocratico sarebbe di garantire che gli eventi controllati si svolgano secondo i criteri programmati. Ebbene, nonostante questa mole di controlli, assistiamo spesso a “sorprese” che appaiono inverosimili. Vediamone alcuni:
La Parmalat pare avesse un buco di oltre 10 miliardi di Euro da una decina d’anni e nessuno dei numerosi ed imponenti meccanismi di controllo, come la Banca d’Italia e molti altri hanno mai rilevato nulla di anomalo. La cosa era però relativamente nota tanto è vero che Beppe Grillo ne parlava nei suoi spettacoli mesi prima che lo scandalo esplodesse, ma i meccanismi di controllo ufficiali hanno potuto ignorare queste “voci” perché non rientravano nella tipologia di controllo a cui erano preposti.
Poi abbiamo il caso di Vanna Marchi e della sua allegra combriccola che hanno truffato per anni migliaia e migliaia di sprovveduti e di persone particolarmente deboli. Anche in questo caso nessun meccanismo di controllo ha mai rilevato alcun problema e lo scandalo è stato innescato dalle indagini fatte spontaneamente da una trasmissione televisiva.
Il recente scandalo del calcio è ancora più incredibile per la sua vastità e il coinvolgimento, diretto o indiretto di quasi tutto il paese. Anche lì la burocrazia ci garantiva che era tutto regolare. La cosa è venuta fuori in modo casuale attraverso intercettazioni telefoniche che si riferivano ad altri eventi e che, ad un certo punto, si sono intrecciate con la questione del calcio.
Infine un caso che ci è più vicino che è quello del CNR ma anche di altre istituzioni scientifche in cui il controllo burocratico pesante e macchinoso ha espresso valutazioni favorevoli rispetto a curricula incredibili, in situazioni in cui un minimo di analisi reale avrebbe potuto evitare gravi disastri. Come al solito il passaggio dalla realtà burocratica a quella reale è avvenuto attraverso l’intervento spontaneo di ricercatori che non sarebbero stati preposti a questo compito.
Da questi esempi possiamo fare le seguenti considerazioni:
– I controlli attuali sono molto poco efficaci
– Quindi fanno perdere moltissimo tempo e risorse inutilmente
– In quasi tutti i casi in cui alla fine la situazione esplode e si crea uno scandalo in cui l’informazione essenziale viene fuori attraverso canali che nulla hanno a che fare con i controlli ufficiali che invece proprio questo dovrebbero fare.
– Paradossalmente il controllo burocratico, fornendo un avallo ufficiale, rende molto più stabile una situazione perversa, oltre a essere di notevole impedimento a chi invece agisce correttamente
– Sarebbe assolutamente sbagliato pensare che i casi menzionati sono frutto di personaggi unici dalle capacità diaboliche. Un’analisi minimamente equilibrata dimostra chiaramente che queste situazioni non sono delle incredibili anomalie, ma sono il frutto naturale di un sistema e di un modo di procedere.
Questa situazione può dar luogo a punti di vista molto diversi. Si potrebbe essere tentati di aumentare la quantità di controlli burocratici, dato che quelli attuali non sembrano sufficienti. Cercheremo di dimostrare, scomodanodo niente meno che la teoria del Caos, che questo punto di vista è concettualmnete sbagliato perché è proprio questo tipo di controlli che non funziona per natura, non la loro quantità. Lo stesso argomento ci fornirà anche delle indicazioni precise su come identificare un controllo più efficace per vari problemi.
LA TEORIA DEL CAOS E L’INEFFICACIA DEI CONTROLLI BUROCRATICI
Se guidando ci distraiamo per un attimo, spesso il fatto non ha conseguenze, mentre in alcune situazioni può avere effetti catastrofici. Ognuno di noi può facilmente pensare a quanti eventi importanti della propria vita, a cominciare dallo stesso concepimento,sono stati o avrebbero potuto essere influenzati in modo determinante da cause minuscole rispetto agli effetti provocati.
Recentemente si è capito che questi fenomeni si possono osservare e studiare anche nella dinamica di sistemi fisici relativamente semplici. La teoria del Caos é la disciplina che studia questi problemi. Il comportamento di un sistema é caotico se una piccola differenza nelle condizioni di partenza produce due traiettorie la cui distanza aumenta in modo enorme oltre un certo tempo caratteristico.
Questa situazione pone dei limiti alla predicibilità del sistema, anche se la sua dinamica é definita in modo assolutamente preciso, per esempio da equazioni deterministiche. L’estrema sensibilità del sistema alle condizioni di partenza rende in pratica il suo comportamento non predicibile. Per esempio é stato calcolato che il sistema solare ha un comportamento deterministico per tempi minori di cinque milioni di anni, mentre per tempi più lunghi prevalgono gli aspetti caotici. Questo ci permette di definire con grande precisione le stagioni, le eclissi, la dinamica delle comete etc. Al contrario la dinamica dell’atmosfera diventa caotica dopo appena una settimana (in media), e questo pone un limite invalicabile per le previsioni del tempo.
Cosa si impara da questi studi? Se vogliamo controllare l’evoluzione di un sistema la cui dinamica é intrinsecamente caotica, é abbastanza inutile cercare di definire le condizioni iniziali e le sue leggi dinamiche in modo estremamente dettagliato, perchè in ogni caso il sistema, una volta lasciato a se stesso, sfuggirà inevitabilmente dal nostro controllo. Si deve invece cercare di introdurre un meccanismo che controlli la dinamica e la corregga continuamente introducendo un attrattore intrinseco verso l’obiettivo desiderato, riducendo in questo senso gli aspetti caotici.
E’ abbastanza naturale pensare di estendere questio concetti ad altri campi non strettamente scientifici, come la dinamica dell’economia o i comportamenti sociali e politici, e sarebbe affascinante riuscire a definire quantitativamente il grado di caoticità anche per questi sistemi (1).
I CONCORSI A CATTEDRA
Consideriamo per esempio il caso dei concorsi per le cattedre universitarie. Certamente sono oggetto di dinamiche molto complesse e di non facile analisi. Ci sono gli interessi dei gruppi scientifici, quelli personali, quelli delle varie sedi e molti altri aspetti. Si può facilmente argomentare che la dinamica é chiaramente di tipo caotico. L’eccezione a questo é se un gruppo di potere è totalmente dominante e allora il problema è diverso. In genere comunque c’è un coagulo di molteplici interessi e forze. In questa situazione ci si appassiona a infiniti dibattiti su come deve essere fatta la legge che stabilisce le commissioni e le procedure e, in pratica si discute del problema solo in questi termini. Poi una volta constatato che, per l’ennesima volta il sistema scelto è deludente, il problema si sposta sull’identificazione del colpevole.
Queste discussioni dei dettagli legislativi e burocratici corrispondono infatti al tentativo di definire una dinamica perfettamente deterministica con l’idea che, una volta fissati questi elementi in modo ottimale, il sistema si evolva secondo le nostre aspettative. La teoria del caos ci suggerisce invece che questi elementi sono poco efficaci rispetto al risultato che si vuole ottenere. e che ci si dovrebbe invece concentrare sui possibili meccanismi di controllo continuo dell’evoluzione del sistema e della introduzione di attrattori naturali verso l’obiettivo desiderato.
Le leggi italiane e la corrispondente burocrazia sono in genere piene di controlli formali, certificati, timbri, bolli, commissioni etc. ma poi tutti possiamo constatare la loro sostanziale inefficacia. Il concetto di attrattore verso l’obiettivo desiderato, in questo caso, corrisponde a introdurre elemeni incentivanti che stimolino una data sede a scegliere il candidato migliore. Questo significa che deve essere conveniente orientarsi verso questa scelta. La situazione opposta, cioè che la sede vorrebbe invece andare in una certa direzione e un dettagliato meccanismo burocratico per i concorsi la forzerà a fare una scelta diversa è puramente illusoria come dimostrato da infiniti esempi. Una volta mi capitò di far parte di una commissione dei maxi concorsi a cattedre nazionali e una sede aveva preorganizzato la vittoria di un candidato locale piuttosto scarso. La commissione, dopo infinite e sgradevoli discussioni, riuscì a far prevalere un candidato migliore che vinse il concorso. Ebbene dopo due anni quella sede ha reso la vita così difficile a questo candidato esterno, che se ne è dovuto andare. Quindi è irrilevante discutere all’infinito sui dettagli legislativi dei concorsi, bisognerebbe concentrarsi invece su come introdurre meccanismi di convenienza e di monitoraggio continuo. Solo questi ci possono garantire un vero miglioramento stabile e sistematico (1,2).
LA VALUTAZIONE CIVR, GOOGLE SCHOLAR, IL CNR E L’INFM
Il CNR ha vissuto e sta vivendo anni di grande travaglio. Cosa proporre per un futuro sereno e costruttivo? Per orientarsi nella generale confusione si deve partire da alcuni dati di fatto. Le recente valutazione del CIVR (MIUR), almeno per quanto riguarda la fisica, e’ del tutto condivisibile ed ha confermato una situazione che era nota agli addetti ai lavori ma che ora puo’ essere quantificata e resa oggettiva. Il dato più significativo è la percentuale di prodotti di alto livello (articoli, brevetti o altro). Per i principali enti di ricerca nazionali abbiamo la seguente situazione:
INAF (66%); INFM (64%); INFN (56%); CNR (38%) ed ENEA (22%).
(Le Università sono molto variegate ma con una media un pò migliore degli enti).
La situazione è quindi abbastanza chiara: per i primi tre enti abbiamo una situazione buona e quindi sarebbe stato ragionevole incoraggiarli a migliorare ancora. L’ENEA è difficilmente recuperabile e la sua soluzione è difficile. Il CNR è ad un livello medio-basso ma non del tutto negativo. Un altro aspetto noto a tutti del CNR è l’enorme burocrazia e la nefasta influenza politico-sindacale. Intendiamo qui la perversione in cui questi due termini vengono utilizzati non nel loro nobile significato originale ma in strumenti di spartizione di potere. Il rapporto ricercatori amministrativi è al di fuori di qualunque standard professionale.
In questa situazione si è proceduto all’assurdo inglobamento dell’INFM nel CNR per ragioni incomprensibili ad una logica professionale (3). Poi, in un ottica diametralmente opposta si è argomentato che tutto il sistema ricerca italiano è pessimo e l’unica possibilità era di creare qualcosa di totalmente nuovo, l’IIT, avulso da tutto il resto. Sembra che dopo due o tre anni l’IIT non riesca neanche a spendere una frazione di quanto assegnato e che adesso cerchi appoggi e collaborazioni proprio da quelle istituzioni che venivano disprezzate all’atto della sua fondazione.
Bene, questo modo di riformare le cose è un esempio perfetto di come NON si deve fare. Questo tipo di riforme, mascherate dietro la retorica dell’efficienza, competitività ed aziendalizzazione hanno prodotto un pessimo risultato.
Il risultato più grave, a mio parere, non è il cattivo utilizzo delle risorse (che è certamente il caso). La cosa peggiore è che hanno creato un senso di umiliazione e di impotenza di tutta la comunità scientifica nazionale. Oltre al danno diretto c’è la disincentivaione dei giovani verso la ricerca e le attività scientifiche. Tutto sembra girare intorno a mediocri equilibri del sottobosco politico e delle anticamere dei Ministeri.
Cosa fare? Come risulta dal CIVR e come tutti sapevamo la situazione italiana della ricerca è molto variegata. Le cose da fare sarebbero semplici: analizzare realmente la situazione, valorizzare e dare fiducia ai casi positivi e cercare di raddrizzare quelli meno buoni. Non sembra un miracolo perchè in Spagna ci stanno riuscendo.
Naturalmente su queste frasi sono tutti d’accordo. Ma va aggiunto un altro piccolo ma significativo termine: bisogna farlo realmente.
Ha ragione Walter Tocci (4) quando dice che in fondo la valutazione della ricerca è un problema semplice rispetto, per esempio, a come migliorare il traffico di Roma. Il problema però è che un problema che in linea di principio sarebbe semplice, diventa estremamente confuso e inestricabile se non si hanno dei punti di riferimento chiari. Abbiamo visto la valutazione CIVR, che è certamente migliorabile, ma rappresenta un faro di riferimento importantissimo da valorizzare. Un’altro elemento essenziale di questo Bignamino della valutazione è saper leggere un curriculum scientifico almeno nelle sue linee essenziali.
Oggi basta cliccare sul sito: http://scholar.google.com/ e digitare il nome di uno scienziato (attenzione alle omonimie) per avere la lista delle sue pubblicazioni ordinate rispetto a quante volte sono state citate in altri articoli. Naturalmente si può fare molto meglio e la valutazione di una attività scientifica non si può ridurre a questi numeretti. Un’analisi di CIVR e Google scholar, che può essere fatta da chiunque in cinque minuti, avrebbe però impedito ai loquaci, sedicenti manager, corresponsabili del disastro ENEA, di proporre di applicare i loro disastrosi modelli ad altri Enti, CNR in primis. Anche in questo caso nessuno dei meccanismi , organizzazioni e commissioni preposte ha rilevato il minimo problema, portando a situazioni che non è esagerato definire scellerate.
Un aspetto curioso è che, una volta che queste valutazioni sono state rese pubbliche in tutta la loro forza oggettiva, la reazione ufficiale è stata molto tiepida. E’ stato necessario far intervenire la rivista Nature che ha permesso di far leva sul provincalismo delle nostre istituzioni e di dare grande notorietà al caso. Va notato che Nature si è limitata a riportare quello che era stato già scritto in dettaglio su vari giornali nazionali. Questa situazione ha anche un aspetto paradossale perchè Nature, che è senz’altro una rivista scientifica di grande prestigio, è molto orientata alla spettacolarizzazione mediatica delle scoperte scientifiche, con tutti i rischi e i problemi che questo comporta. Ad esempio nel 2002 questa politica di Nature è stata uno degli elementi principali che hanno prodotto lo scandalo di Batlogg e Shoen, i quali hanno letteralmente inventato decine di esperimenti dando luogo a quello che probabilmente è il più grave scandalo scientifico degli ultimi decenni. Se qualcuno fosse interessato ad approfondire questo tema posso fornire molte informazioni anche mai pubblicate sul soggetto perchè sono, mio malgrado, un esperto di questo caso. Infatti uno dei principali esperimenti inventati era stato ispirato nostra teoria della superconduttività nonadiabatica, che avevo esposto in dettaglio a Batlogg. Per gli esperti mi riferisco al C60 che, drogato con lacune sarebbe diventato superconduttore a Tc=117K. Questo esperimento, mai fatto, è stato pubblicato su Science, molti altri su Nature che, presi dall’entusiasmo, non hanno fatto i controlli necessari sugli articoli sottomessi. Cito questo caso come parziale consolazione che gli scandali non succedono solo in Italia e che Nature e Science non dovrebbero scagliare la prima pietra in questo campo. Per fortuna però lo hanno fatto. Infine va notato che, in questo caso, è stata la comunità scientifica internazionale che, dal suo interno, ha analizzato il problema e aperto il caso. Questa è una sostanziale differenza rispetto ai nostri casi in cui sono sempre dovuti intervenire elementi esterni.
COME PIANIFICARE LA CREATIVITA’: LA VALUTAZIONE DEI PROGETTI SCIENTIFICI E IL PARADOSSO DELLA COMPETENZA
Nel 1983/84 diventai professore universitario in Olanda e cominciai a ricevere progetti scientifici da valutare per varie istituzioni. Mi posi questo problema animato dalle migliori intenzioni e sviluppai dei criteri che mi sembravano i migliori possibili: competenza e conoscenza dello stato dell’arte del campo, credibilità scientifica del gruppo proponente e sua adeguatezza rispetto al progetto, originalità della proposta etc. Così andai avanti per un paio d’anni ritenendo di fare la cosa migliore possibile. Poi, tra il 1986 e il 1987 avvennero tre eventi che fecero vacillare il mio perfetto schema. Mi riferisco a tre scoperte che hanno avuto poi il premio Nobel e cioè l’Effetto Hall Quantistico, il Microscopio ad effetto Tunnel e la Superconduttività ad alta Temperatura. Ebbene mi accorsi con sconcerto che se questi tre progetti mi fossero stati sottoposti per una valutazione li avrei bocciati tutti e tre! Non solo ma anche a posteriori non riuscivo a capire come avrei potuto fare diversamente.
Prendiamo la Superconduttività ad alta temperatura. La cosa nasce da una idea di Alex Muller (che conoscevo bene e con cui ho in seguito collaborato) che era un esperto di transizioni strutturali nei solidi. La sua idea era che vicino ad una transizione strutturale l’interazione tra elettroni e fononi fosse amplificata dalla situazione di instabilità. Questa idea è in realtà abbastanza naive e può essere confutata da una dettagliata analisi tecnica. Infatti dal punto di vista di Muller i composti ideali sarebbero stati quelli del tipo SrTiO2 (titanato di Stronzio) che invece non funzionano. I famosi composti cuprati sono una categoria secondaria rispetto al meccanismo ipotizzato ma hanno dato i risultati aspettati e anche oltre. Infine oggi, dopo venti anni, la teoria è ancora dibattuta e ben pochi considerano le idee che hanno guidato Muller come quelle essenziali del meccanismo superconduttivo. Da questa discussione risulta chiaro che il progetto di Muller, analizzato al meglio delle competenze del momento, non doveva essere approvato. Lui lo ha potuto portare avanti nei laboratori IBM di Zurigo perchè non richiedeva grandi mezzi e, godendo di una certa credibilità, gli veniva lasciata una certa autonomia discrezionale. Per gli altri due casi si possono fare considerazioni analoghe che risparmio al lettore. Questa situazione non deve però sorprendere più di tanto perchè, ad esempio, Colombo voleva andare in India e invece è andato in America e anche per le scoperte di Marconi e di molti altri si possono fare analoghe considerazioni. La conclusione è che le scoperte veramente innovative non possono essere pianificate secondo norme rigide e, al contrario, una valutazione troppo “competente” rispetto allo stato dell’arte, le escluderà di sicuro. Ma allora che fare? Non si può certo lasciare le porte aperte a tutte le proposte più strampalate.
Questi eventi mi provocarono una vera crisi rispetto ai metodi di valutazione. Dopo lunghe riflessioni mi sono dato la seguente risposta. I metodi di valutazione tradizionali vanno abbastanza bene per tutte le attività di tipo tradizionale che sono la parte quantitativamente maggiore dell’attività scientifica. Secondo T. Khun (5) infatti il progresso scientifico è costituito da una dinamica intermittente che alterna fasi di sviluppo tradizionali a veri e propri salti qualitativi. Questi ultimi, per definizione, non possono essere pianificati e l’onere della prova spetta al proponente. Dal punto di vista dei criteri di valutazione tutto quello che si può fare è cercare di evitare che diventino in pratica impossibili. Quindi bisogna evitare criteri troppo stretti e lasciare al sistema valutativo un certo tasso di entropia. Da questo punto di vista una situazione che richiede punteggi assolutamente eccellenti è da evitare perchè favorirebbe troppo le attività su cui c’è un consenso unanime che difficilmente sono quelle più innovative.
INNOVAZIONE CREATIVA
L’esempio della valutazione dei progetti scientifici è più vicino di quanto si creda alla pianificazione dell’innovazione tecnologica. Infatti fino a pochi anni fa l’innovazione di un prodotto veniva per lo più vista in un ottica di efficienza. Cioè riduzione dei costi e miglioramento della qualità e delle performance. Questo corrisponde alla parte di sviluppo tradizionale della scienza ed è programmabile in modo sistematico. Ma questo modello non si adatta più alla situazione attuale. Tutti quei prodotti che possono essere fabbricati nei paesi in via di sviluppo subiscono un riduzione di costo che non è assolutamente assorbibile da una strategia basata sull’efficienza. Come nel paradigma biologico quando un ambiente diventa ostile è necessario un salto evolutivo verso situazioni radicalmente diverse che non subiscono ancora questo tipo di competizione. L’elemento essenziale diventa quindi l’adattabilità piuttosto che l’efficienza. In questo caso però una pianificazione deterministica non è più possibile. La cosa che si può fare però è creare quelle condizioni che favoriscono queste caratteristiche e qui il discorso si potrebbe aprire in varie direzioni (6,7). Dal punto di vista del management chiaramente non si possono più fare programmazioni troppo dettagliate. la caratteristica più importante diventa la capacità di saper valorizzare le fluttuazioni spontanee che è molto diverso dall’approccio tradizionale al management.
Questi concetti chiaramente Napoleone li aveva intuiti quando diceva di preferire i generali fortunati a quelli bravi. L’idea è che alcuni oltre alle conoscenze dell’accademia sappiano anche gestire gli imprevisti e i fenomeni che, nel senso del caos, sono fortemente nonlineari. Cioè si sanno adattare e in caso volgere a loro favore un imprevisto. Un osservatore ingenuo definirebbe questa situazione come “fortunata”. Al contrario il termine “bravo” caratterizza colui che avendo applicato alla lettera gli insegnamenti canonici non é riuscito a fronteggiare un imprevisto che viene interpretato come evento “sfortunato”.
L’esempio di Google. Nel 1998 due giovani studenti di Stanford si pongono il problema di categorizzare le informazioni dei motori di ricerca su Internet e fondano Google. Oggi Google e tutti i sui derivati hanno creato un nuovo mercato e nuovi prodotti e dominano il mercato Nasdaq. L’idea era che in una rete che si estende a dismisura la categorizzazione gerarchica delle informazioni diventa essenziale altrimenti la ricerca è inutile. Si sono posti il problema di come identificare i siti con il massimo numero di link puntati su di loro e hanno affrontato questo problema attraverso una dinamica diffusiva virtuale sulla rete che si ricorda quante volte un sito viene visitato. Un problema nuovo, una idea nuova, un approccio brillante. E’ un tipico caso di fluttuazione spontanea che si sviluppa nel terreno di coltura della Silicon Valley e di Stanford. Nessuno l’ha pianficata o progettata e in un certo senso il problema non era neanche stato chiaramente identificato prima.
PER DAVVERO
Finora non abbiamo menzionato esplicitamente il mantra popolare che corrisponde alle frasi: valorizzazione del capitale umano, società della conoscenza; ricerca, innovazione e competitività etc. Queste parole sono tanto abusate nella retorica quanto ignorate poi nella pratica. Va notato che tutto quello che abbiamo discusso è apparentemente a costo zero, cioè può essere implementato indipendentemente dalle risorse. In realtà il costo c’è e forse è quello più difficile da pagare: implica che se si vuole andare nelle direzioni indicate bisogna farlo per davvero, il che comporta il superamento di varie barriere culturali, politiche, sindacali e storiche. Mica poco.
Referenze:
1. L. Pietronero, Il Caos nella Legislazione Universitaria, Sapere, Dicembre 1994, p. 17
2. G. Parisi, Come Incentivare la Ricerca, in stampa (2006)
3. G. Bachelet, Contributo alla Fabbrica del Programma, Bologna, 17/3/2005
4. W. Tocci, I Primi passi del Governo su Università e Ricerca, Intervento Forum DS, 12/06/2006
5. T. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Univ. of Chicago Press (1962)
6. R. Panzarani, Il Viaggio delle Idee, Franco Angeli (2005)
7. A. Ranieri, I Luoghi del Sapere, Donzelli (2006)