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BERNANKE? BOCCIATO

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(WSI) –
E alla fine il diciassettesimo rialzo dei tassi Usa è arrivato. Per Ben Bernanke è il terzo giro di vite monetario dalla data d’insediamento al timone della Fed, il 1° febbraio scorso. Un’azione tale da lasciare il segno nel bilancio di questo primo semestre 2006 dei mercati mondiali (bilancio che emerge dalle elaborazioni di B&F riportate in queste pagine). Anche perché la striscia dei rialzi non sembra ancora esaurita. Annunciando la decisione di giovedì 29, il Fomc ha sottolineato che «vede ancora qualche rischio di inflazione» e ha aggiunto che «la dimensione e il timing di nuovi interventi dipenderanno dall’evoluzione dell’outlook dell’inflazione e della crescita economica». I trader di future sui tassi puntano già sul rialzo al 5,50% ad agosto.

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Le polemiche intorno a questa linea della Fed non mancano. Ed Yardeni, l’influente guru di Wall Street, ha diffuso un vero e proprio j’accuse in dieci punti contro Bernanke per aver messo a soqquadro i mercati finanziari per effetto di una retorica esagerata e insistita sui pericoli dell’inflazione. «Una retorica – dice Yardeni – non giustificata dalle circostanze, perché la dinamica dei prezzi è sotto controllo».

Paul Kasriel, capo economista della Northern Trust di Chicago, è andato oltre: «Se la Banca centrale insiste nel tirare le briglie della politica monetaria, si rischia di scivolare in una recessione nella seconda parte del 2006 o all’inizio del 2007». Mentre secondo David Kotok, di Cumberland Advisors, «siamo in una fase di transizione in cui le condizioni monetarie stanno passando da troppo accomodanti a troppo restrittive, prestando il fianco al pericolo di un capitombolo com’è accaduto in passato in circostanze analoghe». Tanto nervosismo si è riflesso nelle settimane scorse in una grandinata di vendite, specie su metalli industriali e Borse emergenti.

WALL STREET. La Borsa Usa sta reggendo l’urto. Gli analisti tecnici fanno notare che i mercati statunitensi vivono da 1.343 giorni una striscia sostanzialmente positiva, cioè senza correzioni maggiori del 10%: è la terza fase di questo tipo più lunga nella storia dell’S&P500. Oltretutto va considerato che il periodo maggio-ottobre è tradizionalmente fiacco e che quest’anno ci sono le elezioni di medio termine. Un appuntamento che per Wall Street ha sempre coinciso con un modello di andamento ben definito: massimo in aprile, poi un calo fino a settembre, e infine un marcato apprezzamento nei mesi di ottobre, novembre e dicembre.

IMMOBILIARE. Secondo gli esperti è la minaccia numero uno per la congiuntura internazionale. Il mattone ha messo le ali ai consumi americani attraverso il ben noto fenomeno del rifinanziamento dei mutui e da qui ha dispiegato a raggiera i suoi effetti benefici grazie al volano delle importazioni. Il rischio è ora quello di una brusca gelata: «Carta canta – chiarisce Kotok – Mutui ipotecari per mille miliardi di dollari subiranno una revisione dei tassi d’interesse all’insù nel corso del 2006. E 1.700 nel corso del 2007. Ciò vuol dire che dieci milioni di famiglie dovranno tirare la cinghia nei prossimi due anni. Perciò mi aspetto una frenata; è inevitabile. Tanto più che nuove previsioni individuano il tasso sui fondi federali tra il 5,5% e il 6% entro la fine dell’anno (oggi il saggio è al 5,25%, ndr.)». «L’aspetto preoccupante – gli fa eco Kasriel – è la crescita delle scorte, cioè delle case ultimate, ma ancora da vendere. Esse sono arrivate a un volume corrispondente a 6,5 mesi di vendite, mentre nel maggio del 2005 il livello era di appena 4,5 mesi. Una crescita ulteriore lancerebbe davvero un sinistro campanello d’allarme». A ogni buon conto, il consensus prevede che la rettifica dell’edilizia porti a un rallentamento dell’attività produttiva, ma senza avvitarla in una recessione. Spiega John Silvia, capo economista della banca Wachovia: «I mesi venturi testimonieranno un cambio di leadership nei settori trainanti con una moderazione dei lavori edili e della spesa per consumi controbilanciata dall’accelerazione degli investimenti aziendali». Insomma, il tasso di sviluppo del Pil dovrebbe risultare meno soddisfacente che nel 2005, ma senza sconquassi. Salvo eccessi di stretta monetaria da parte della Fed.

MERCATI EUROPEI. Se sull’altra sponda dell’Atlantico gli operatori vivono con una certa apprensione il tema dell’inflazione, in Europa il costo della vita pare ben ancorato all’interno di una ristretta banda di oscillazione. E se così è, allora non dovrebbero presentarsi grandi insidie per le Borse. «In Europa – dice John Butler di Hsbc – esiste una notevole capacità produttiva inutilizzata. Quando la domanda aumenta, l’attività si intensifica senza innescare una fiammata dei prezzi. Inoltre, la ripresa del Vecchio Continente va contestualizzata. È vero che rispetto al recente passato si può quasi parlare di boom, ma in termini assoluti, il Pil dell’Eurozona ha scarse possibilità di raggiungere il 2% nel 2006, con la prospettiva di calare all’1,4% nel 2007. Insomma, stiamo parlando di cifre che sarebbero considerate sconfortanti in altre parti del mondo». La stessa Banca centrale europea deve propendere per questa diagnosi, tanto è vero che non si affretta ad alzare i tassi d’interesse, forse conscia anche della mazzata fiscale che si abbatterà di qui in avanti sui contribuenti tedeschi e italiani. Rintuzzato lo spauracchio dell’inflazione, i fondamentali delle Borse continentali rimangono molto incoraggianti a detta di tutti i più autorevoli osservatori: in particolare, i profitti sono maggiori del 50% rispetto a quelli del 2000, e parallelamente le cedole offerte dalle obbligazioni governative sono diminuite, facendo meno concorrenza alle azioni. Dunque i rischi esistono, ma sono transitori: «Il fatto che le tre principali banche centrali del pianeta stiano drenando liquidità dal sistema è una prima causa di turbolenza – commenta Florent Bronès di Bnp Paribas – In più pesano la discesa del biglietto verde e il petrolio sempre vicino ai 70 dollari al barile. Ciò detto, resta il fatto che le azioni europee sono a buon mercato e con un forte potenziale di allargamento del volume d’affari». Come a dire, nervi saldi perché c’è solo da superare qualche vuoto d’aria.

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