La fiammata dell’inflazione registrati negli Stati Uniti nel mese di aprile, significativamente più alti delle previsioni, alimentano tra gli investitori la paura su un possibile cambio di marcia delle politiche monetarie espansive da parte delle banche centrali.
Premesso che rispetto agli ultimi due o tre decenni ci sono più chance di un ritorno dell’inflazione, nessuno può esserne davvero certo che si tratti di un fenomeno strutturale e, quindi, non temporaneo.
La pensa così Manuel Pozzi, Investment Director di M&G Investments, secondo cui la vera incognita riguarda le prospettive dell’inflazione nel medio/lungo termine. A fattori deflattivi come la globalizzazione, la digitalizzazione e l’invecchiamento della popolazione, si combinano, sul fronte opposto, fattori inflattivi sia di breve, come appunto la ripresa dopo i lockdown, la crescita dei risparmi e dei prezzi delle materie prime, sia di lungo orizzonte, come gli enormi programmi di spesa fiscale incentrati su infrastrutture, transizione climatica ed educazione, che potrebbero creare milioni di posti di lavoro.
In ogni caso a-aggiunge Pozzi il dato sull’inflazione degli Stati Uniti, accolto con sorpresa dagli investitori obbligazionari, in verità non è notizia così inattesa.
“Osservando i rendimenti dei Treasury a 10 anni ci accorgiamo che sono aumentati, ma in modo contenuto (circa 7 bps).Il dollaro si è leggermente rafforzato sull’euro (che è sceso da 1,21 a 1,20) visto che una maggiore inflazione fa presumere tassi più alti. Sono inoltre salite quasi tutte le voci dei prezzi al consumo: ristoranti, hotel, affitti di immobili e benzina in primis.
Durante il lockdown, le famiglie americane hanno accumulato ingenti risparmi – grazie ai sostegni pubblici ricevuti nel 2020 e nel primo trimestre del 2021 – e quello che si sta verificando è una corsa ai consumi”
Inflazione, come coprirsi dal rischio
Dopo i dati americani, cosa aspettarsi dai mercati? Per Ben Laidler, eToro Global Markets Strategist questo aumenterà le aspettative di un inasprimento anticipato della politica monetaria della Fed, di un aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine e di un‘accelerazione della rotazione degli investitori dal settore tecnologico ai titoli ciclici e value. “È anche probabile che vedremo una maggiore incertezza e volatilità del mercato, soprattutto dopo i guadagni azionari a due cifre già visti quest’anno” dice l’esperto.
Per coprirsi dall’inflazione e dal rischio di un rialzo dei tassi, M&G Investments, oltre ai titoli inflation-linked (che appaiono oggi decisamente più cari rispetto al passato), considera interessanti anche quelli a tasso variabile.
“Sono poi soprattutto da tenere sul radar alcune aree dei mercati azionari come le infrastrutture quotate: le aziende di questo settore hanno in molti casi contratti legati all’inflazione e sono quindi naturalmente “coperte”, beneficiando tra l’altro di un contesto regolamentare agevolato laddove investano in economia circolare o efficientamento energetico” conclude Pozzi.