Con oltre 151 Twh di consumo di energia elettrica annualizzato il Bitcoin, al 14 maggio 2021, sarebbe il 25esimo “Paese” più energivoro al mondo, davanti all’Egitto e alla Malesia, dietro alla Polonia. E’ quanto si apprende dai dati aggiornati in tempo reale dal Cambridge Centre for Alternative Finance. La fonte non è scelta casualmente: è la stessa cui Elon Musk si è servito nel suo tweet che giustificava la sua clamorosa retromarcia sul Bitcoin, non più accettato come forma di pagamento per acquistare le Tesla. Tale possibilità è durata circa un mese e mezzo, non è stato reso noto quante unità siano state vendute in Bitcoin.
Le emissioni collegate alle attività di mining del Bitcoin sono in costante aumento: ciò è dovuto alla crescente forza di calcolo necessaria per risolvere i problemi crittografici connessi al funzionamento della blockchain, risoluzione che compiuta in cambio di un “premio” in Bitcoin di nuova “estrazione”. Questa non è proprio una notizia dell’ultimo minuto. Ma è evidente come lo storytelling green di Tesla mal si sarebbe conciliato con il forte impatto ambientale di una moneta che, peraltro, in pochi utilizzano come forma di pagamento.
Per la cronaca, lo scorso 24 febbraio, quando era stata lanciata la possibilità di acquistare le Tesla in Bitcoin, il consumo annualizzato della rete Btc era di 127 Twh, mentre lo scorso 12 maggio, data in cui Musk ha ritirato tale opportunità il consumo era salito a 149 Twh. Eppure, già a febbraio Bitcoin consumava più energia elettrica di tutta l’Argentina, un Paese che conta circa 45 milioni di abitanti.
Ad aggravare la situazione c’è il fatto, anche questo noto da tempo, che gran parte delle attività di mining avvengono in Cina, proprio per i costi dell’energia elettrica convenienti – e lo sono grazie allo scomodo contributo delle centrali termoelettriche a carbone. Secondo il Cambridge Centre for Alternative Finance, il 65% delle attività di mining avviene in Cina. E secondo gli ultimi dati raccolti dall’Agenzia internazionale dell’energia, al 2018 la Cina traeva oltre il 60% della sua energia dal carbone e un altro 20% circa dal petrolio.