A partire dal mese di aprile il rendimento dei Btp è tornato a crescere, dopo un periodo di stazionamento, durato alcuni mesi, in una zona vicina ai minimi storici. Attualmente (19 maggio) il rendimento del titolo decennale è all’1,121%, contro il minimo toccato a 0,458% lo scorso 11 febbraio.
Dopo la prima ondata del Covid, le politiche monetarie espansive della Bce avevano contribuito a raggiungere un consistente abbassamento del rischio-Paese, dando il via ad un calo dei rendimenti divenuto assai ripido a partire dal maggio del 2020. Oggi, le politiche monetarie espansive non sono cambiate, ma il timore che l’inflazione possa tornare a salire in modo consistente anche nell’Eurozona (e in Italia) sta incidendo sul premio al rischio richiesto dagli investitori (tanto più salgono i prezzi, tanto più i tassi d’interesse dei titoli di stato tendono a fare lo stesso). Secondo i dati Eurostat, l’inflazione è passata dallo 0,9% di febbraio all’1,6% di aprile, ovvero un ritmo di crescita dei prezzi già in linea con l’era pre-Covid. Nello stesso periodo, l’inflazione in Italia è passata dallo 0,6% all’1,1%.
A dimostrazione del fatto che l’aumento dei rendimenti riflette un clima macroeconomico generale legato alle prospettive dell’inflazione va osservato l’andamento dello spread Btp-bund. Quest’ultimo è sì cresciuto da inizio aprile a oggi, da quota 95 a 115 (18 maggio), ma, allo stesso tempo, si è mantenuto su livelli storicamente bassi, anche in relazione al periodo pandemico.
Per il momento, dunque, non sembra esserci un particolare pregiudizio contro l’Italia. Piuttosto, l’incremento dell’inflazione potrebbe nei prossimi mesi esercitare crescenti pressioni sulla Banca centrale europea affinché inizi a pianificare un percorso di progressiva normalizzazione della politica monetaria, con un rallentamento negli acquisti di titoli di Stato dei paesi della zona euro. Questo processo, inevitabilmente, riporterebbe il mercato a “prezzare” in modo più aderente alla situazione di ciascun Paese il rischio della sostenibilità del suo debito – che, comunque, per l’Italia non sembra essere critico (S&P un mese fa ha confermato il suo rating BBB senza evidenziare nuovi elementi di preoccupazione).
Cosa succede se i rendimenti dei Btp continuano a crescere
Se lo Spread e il rendimento dei titoli obbligazionari come i Btp tende a crescere, questo ha un impatto negativo sul prezzo del titolo che è tanto più elevato quanto più è lunga la vita residua del titolo. Per gli investitori che hanno sottoscritto Btp a lunga scadenza prima della crisi Covid, la perdita di valore legata all’aumento dei rendimenti ridurrà parte dell’apprezzamento sperimentato negli scorsi mesi. Per i sottoscrittori più recenti, invece, la ripresa dei rendimenti, guidata come detto dall’aspettativa di una riduzione degli acquisti di titoli pubblici da parte delle Bce, gli effetti negativi sarebbero più rilevanti in caso di liquidazione del titolo in data anteriore alla scadenza.
Per comprendere, in forma semplificata, quale impatto abbia sul valore del titolo obbligazionario una variazione del tasso d’interesse, AdviseOnly aveva creato una tabella dalla quale emerge la nota relazione inversa fra rendimenti e prezzi dell’obbligazione. Relazione che si fa più importante con l’aumentare della vita residua del titolo.
Ad esempio, ad un aumento dei rendimenti dello 0,5% corrisponde una flessione del 4,3% del prezzo dei BTP decennali e del 13,7% per quelli con scadenza a 50 anni.