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Inflazione, perché tanta confusione? Il punto di Fugnoli (Kairos)

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Inflazione, perché questa confusione? il punto di Fugnoli (Kairos)

di Alessandro Fugnoli (Kairos)

Si dibatte molto in questi giorni sulla natura più o meno temporanea dell’inflazione che si manifesta in un numero sempre più ampio di settori. In Europa l’inflazione è ancora contenuta nei prezzi al consumo, ma le imprese l’avvertono chiaramente anche qui nei continui rincari delle materie prime e di componenti importanti come i semiconduttori.

Le Banche Centrali si affannano a dire che si tratta di una fiammata temporanea, sono però le Banche Centrali stesse a dichiarare di volere un’inflazione più alta. Il mercato è disorientato e in certe sue parti si comporta come se l’inflazione fosse davvero temporanea, mentre in altre sembra invece cominciare a scontare un aumento strutturale dei prezzi.

La confusione nasce da due fattori, il primo è che ci troviamo di fronte contemporaneamente a due tipi distinti di inflazione, temporanea da una parte e strutturale dall’altra. Il secondo fattore che complica le cose è che le Banche Centrali vogliono al tempo stesso un’inflazione più alta, ma anche tassi stabili su livelli vicino a zero.
Per questo mettono l’accento sull’inflazione temporanea quando vogliono convincere i mercati ad accettare i tassi bassi, al tempo stesso le Banche Centrali lavorano per alzare il livello dell’inflazione strutturale.

Inflazione, i due tipi di cui stiamo parlando

L’inflazione temporanea è il risultato del grande disordine creato dalla pandemia. Il crollo della produzione nella primavera del 2020 e l’incertezza sulla durata della crisi hanno indotto molte imprese a fare ipotesi sul comportamento dei consumatori che si sono poi rivelate sbagliate. Si è pensato ad esempio che con le persone chiuse in casa e con meno soldi in giro la domanda di automobili sarebbe scesa drasticamente.
Le case automobilistiche hanno tagliato subito la produzione e lo stesso hanno fatto i loro fornitori. Quando più tardi hanno scoperto che grazie ai sussidi pubblici e alle minore spese quotidiane c’erano in realtà più soldi di prima per comprare beni durevoli come case e auto, la domanda in crescita si è trovata di fronte ad un’offerta in calo.
Le imprese che avevano alleggerito le scorte si sono trovate a doverle improvvisamente ricostituire e ora devono strapagare per potersele procurare. In questa situazione caotica sono saliti ovviamente anche i costi di trasporto, anche per il rincaro del prezzo del petrolio. Questa inflazione da disordine rientrerà nel giro di qualche mese per la maggior parte dei settori. L’anno prossimo in quest’epoca l’inflazione sarà molto più bassa di adesso e molti diranno “vedete, avete gridato al lupo e non è successo niente di serio”.

Giusto, ma nel frattempo, più silenziosa, sarà partita l’inflazione strutturale. Quando già l’anno prossimo si sarà esaurito l’output gap, quando cioè la domanda globale avrà rimesso al lavoro le risorse umane e materiali rese inoperose dalla recessione, i prezzi inizieranno a muoversi all’insù, in modo lento ma corale. E lo faranno a quel punto per anni, non per mesi.

Riassumendo, una fiammata quest’anno, un ritorno ad un’apparente normalità l’anno prossimo e poi un graduale e solido rialzo dell’inflazione negli anni successivi. Non parliamo certo di iperinflazione, ma una velocità di crociera più vicina al 3% che al 2% negli Stati Uniti non dovrà sorprendere. In Europa le cose saranno più lente, ma la direzione sarà la stessa.