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Cina: più 11,3% nel secondo trimestre

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L’economia cinese continua la sua corsa, segnando una crescita record dell’11,3 per cento nel secondo trimestre, mentre la autorità sembrano aver rinunciato alla possibilità di “raffreddare” il bollente motore economico del paese. Calcolata sui primi sei mesi del 2006, la crescita è stata del 10,9 per cento e gli economisti prevedono che alla fine dell’anno sarà intorno all’11 per cento, cioè la più alta dopo l’incredibile +13,1 per cento del 1994. L’economia cinese è cresciuta nel decennio scorso ad un tasso medio del 10 per cento all’anno, arrivando ad essere la quarta del mondo. Nel presentare i dati, il portavoce dell’Ufficio Nazionale di Statistica Zheng Jingping non ha mostrato segni di disappunto, che pur non dovrebbero mancare dopo che, in marzo, il primo ministro Wen Jiabao aveva indicato nel 7,5 per cento all’anno il livello di crescita “desiderabile”. “Valutando la situazione di un anno intero – afferma Zheng – pensiamo che la situazione complessiva sia buona, ma la crescita è ’un po’ troppo rapida”. La continua crescita, che sta cominciando a creare pressioni sui prezzi, è stata giudicata dal portavoce una “cosa buona”, perchè l’efficienza industriale sta migliorando, la rendita finanziaria cresce e i profitti salgono. Inoltre, il reddito sia dei residenti urbani che di quelli agricoli è cresciuto in qualche misura. Secondo Wang Xiangwei, un giornalista di Hong Kong vicino ai vertici del Partito Comunista Cinese, sarebbe stato lo stesso Wen Jiabao a dare il segnale del cambiamento di rotta (la crescita accelerata è passata in 3 anni da preoccupante a buona) in una serie di riunioni di alto livello. I dispacci dell’agenzia Nuova Cina, quelli che danno la linea al mondo dell’informazione, la definiscono “sostenuta ma stabile”. Wang scrive che la leadership prendera’misure di contenimento ma che esse saranno moderate. La ragione è che, nonostante i segni di surriscaldamento nei settori immobiliare, energetico, automobilistico e in quelli dell’acciaio e dei trasporti la maggior parte dei leader continua a considerare la crescita una cosa positiva. Non per niente la parola “surriscaldamento” è scomparsa da qualche tempo dalla stampa. Dong Tao, analista della Credit Suisse/ First Boston di Hong Kong, ritiene che ci sarà un aumento contenuto dei tassi d’interesse ma che Pechino non agirà sul tasso di cambio dello yuan. Da quando, un anno fa, la Cina ha alzato del 2,1 per cento il livello di cambio della valuta col dollaro, lo yuan cinese si è apprezzato solo dell’1,4 per cento. Tao sostiene che l’enorme avanzo commerciale della Cina con gli Usa (in giugno al livello record di 14,5 mld $) – è responsabile almeno in parte dell’aumento degli investimenti fissi (del 29,8 per cento nel semestre ultimo). “Non vedo grandi cambiamenti nel tasso di cambio, perche’le autorità cinesi si preoccupano dell’equilibrio politico tra i vari gruppi d’interesse e penso che saranno estremamente cauti. Ritengo però che debba essere risolto il problema dell’eccesso di liquidità, o nel prossimo futuro ci potrebbero essere delle difficoltà”.