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TAXI DRIVER FLOP

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(WSI) – Il risultato del primo round di liberalizzazioni con i tassisti è un compromesso non entusiasmante, a favore del quale milita un obiettivo minimo: parlare di nuove licenze per i taxi è un po’ meno tabù di prima. Ora bisogna attendere il passaggio parlamentare del decreto e la sua reale applicazione da parte dei comuni che potrebbero anche far finta di niente (molti lo faranno) e lasciarlo lettera morta.

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Preoccupa, però, che la tecnica scelta dal governo per il negoziato – l’interesse rivolto all’obiettivo finale, cioè la crescita dell’offerta di taxi, indipendentemente dalla soluzione individuata dal provvedimento e portata in Consiglio dei ministri da Pierluigi Bersani – costituisce un punto debole.

La protesta dei tassisti è stata trattata con metodo decisamente non thatcheriano. Chi si aspettava che il governo fosse pronto a resistere, dopo aver difeso il metodo non concertativo del blitz, è rimasto deluso. Anche Francesco Rutelli si aspettava di più. Dare la sensazione che si sia ceduto alle adunate del Circo Massimo, alle minacce rivolte al ministro diessino Fabio Mussi, all’eccesso di calore popolare da cui si è visto circondare il capo dell’opposizione al comune di Roma Gianni Alemanno, ai ceffoni al cronista del Corriere della Sera Paolo Foschi, è stato un errore che il governo potrebbe pagare nei prossimi round.

Oggi scioperano i farmacisti; è in corso un’agitazione degli avvocati che – forti di una nutrita rappresentanza parlamentare e di una capacità di persuasione sui giornali – hanno già messo in atto un efficace sistema di pressione; inoltre lavorano sottotraccia i notai, gli assicuratori, tutte le corporazioni toccate dal provvedimento. Se anche con queste categorie, forti del precedente dei tassisti, il governo si mostrasse disponibile a rivedere anche singole parti del decreto, l’efficacia dell’operazione Bersani potrebbe essere compromessa.

E’ come se in questi giorni decisivi, all’orizzonte del governo di centrosinistra – già alla prova delle prime prevedibili divisioni interne – si parasse il fantasma dell’articolo 18. Quella fu una rotta totale, qui c’è un rischio più sottile, ma molto insidioso. Sulle liberalizzazioni, Bersani si è presentato bene, il governo ha affermato di non voler cedere sul metodo, ma la maggioranza adesso deve rifiutare il ricatto delle corporazioni. Che succederebbe, quando tra due mesi si dovesse davvero decidere di mettere mano a previdenza e sanità?

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