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Bitcoin: servono regole più severe per banche esposte alle criptovalute

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La stabilità finanziaria delle banche esposte alle criptovalute potrebbe essere a rischio, pertanto sono necessarie nuove regole. E’ quanto emerge dai lavori del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria che ha pubblicato l’esito preliminare della consultazione pubblica in corso sui rischi delle criptovalute per il sistema bancario.
Alla luce dei rischi riscontrati, il Comitato ha proposto di introdurre una regolamentazione più stringente sui requisiti di capitale per gli istituti esposti alle forme di asset più volatili.

Il Comitato di Basilea “è del parere che la crescita delle criptovalute e dei servizi correlati possa sollevare problemi di stabilità finanziaria e aumentare i rischi affrontati dalle banche”, si legge nel rapporto, “alcune criptovalute hanno ha mostrato un alto grado di volatilità e potrebbe presentare rischi per le banche con l’aumento delle esposizioni, tra cui rischio di liquidità; rischio di credito; rischio di mercato; rischio operativo (inclusi frode e cyber risk); riciclaggio di denaro e rischio di finanziamento del terrorismo; e rischi legali e di reputazione”.

Secondo il comitato, i requisiti per detenere Bitcoin e simili dovrebbero essere molto più elevati rispetto a quelli richiesti per azioni e obbligazioni convenzionali. Con l’eccezione delle stablecoin, tutti gli altri asset crittografici rientrerebbero – secondo la proposta del Comitato – in un nuovo e più stringente regime, che prevede una ponderazione del rischio del 1250% per le posizioni lunghe e corte detenute dalle banche. Si tratterebbe di un requisito in linea con gli standard più severi per le esposizioni delle banche sugli asset più rischiosi.
Di fatto, questa regolamentazione imporrebbe alle banche in possesso di Bitcoin (e simili) una copertura di capitale proprio di pari valore.

Nella stessa categoria rientrerebbero gli asset creati per la finanza decentralizzata e non-fungible token (Nft). Al contrario, i requisiti tuttora in essere potrebbero essere applicati ai titoli convenzionali, anche nei casi in cui vengano successivamente convertiti in token digitali (scambiabili su Blockchain), a patto che tali token prevedano i medesimi diritti dei titoli originari, ad esempio i dividendi.

Resta del tutto fuori dall’oggetto della consultazione (ancora in corso e che si chiuderà a settembre), il tema delle valute digitali delle banche centrali, che appartengono a una categoria completamente diversa dal punto di vista sostanziale, in quanto forme alternative di moneta fiduciaria “tradizionale”.