Società

PROFUMO FRENA
SU CAPITALIA

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(WSI)
Alessandro Profumo, finite le vacanze africane, ha trovato i telefoni roventi. E dopo qualche giorno di esame su quanto avveniva in casa dei due rivali italiani si è fatto un giudizio e lo ha espresso alle sue prime linee manageriali, preoccupate di veder nascere un colosso che nel tempo possa offrire servizi e prezzi più appetibili. «È una buona operazione, che ha un significato industriale e che crea un campione nazionale. Ma gestirne tutti gli aspetti sarà complesso, richiederà tempo. Per quanto bravi, avranno bisogno di due o tre anni per andare a regime. E noi, come tutti gli altri competitor, dobbiamo approfittarne, focalizzandoci, in Italia, sulla crescita organica, e cercando di guadagnare quote in uno dei nostri mercati di riferimento».

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Stabilito il che, a Piazza Cordusio torna il business as usual: la semestrale a ottobre, l´integrazione con Hvb che accelera. È chiaro che la fusione Intesa-Sanpaolo cambia l´ottica competitiva in Italia, dove nasce un rivale capace di insidiare sui servizi, oltre che dotato di 5 miliardi di capitale libero da destinare, presto o tardi, alle acquisizioni. E i possibili sbocchi saranno, giocoforza, quasi gli stessi di Unicredit: Italia, Germania, Est Europa. Quindi il numero uno di Unicredit deve tornare sui dossier strategici. Ma ne era consapevole da mesi ormai, da quando s´era capito che la “foresta pietrificata” bancaria non sarebbe rimasta tale.

Anzi, era più temuta la nascita di due poli, tra Intesa-Capitalia e Sanpaolo-Mps, dopo la quale Profumo avrebbe avuto da remare ancor più forte, perché in un colpo l´avrebbero affiancato due colossi da 40 miliardi di capitalizzazione, con poche sovrapposizioni territoriali e in grado di guardare dritto negli occhi il polo che dal Credito Italiano in un decennio ha integrato Rolo, Casse di Torino, Verona e Treviso, poi i tedeschi.
Tuttavia l´intenzione di Unicredit oggi è far posare la polvere, prima di muovere; e potrebbero trascorrere mesi. O anni, fino a che la nuova Intesa-Sanpaolo marcerà a pieno ritmo e si renderà pericolosa.

Nel frattempo, Profumo tiene gli occhi molto aperti. È di ieri ed è verosimile l´indiscrezione, scritta da Die Welt, per cui gli italiani di Germania sono in lizza per acquisire in futuro la maggioranza di Postbank, leader nei conti di risparmio e controllata per ora da Deutsche Post. A lato, ogni altro possibile dossier tedesco. Poi c´è l´Est Europa, dove la leadership di mercato va difesa e promossa. Sì, perché Unicredit è l´unica banca tricolore davvero internazionale (anche dopo il buon fine della “Operazione Zodiaco”, le entrate estere di Intesa-Sanpaolo sono stimate sotto il 10% del totale, contro il 70% di Unicredit), quindi persegue strategie di sviluppo globali.

E i manager sanno di avere opzioni su almeno tre tavoli. Del tedesco e della New Europe, si è detto. Dell´italiano, Piazza Affari gridava Capitalia, e settimana scorsa, operatori raccoglievano titoli romani vendendo allo scoperto Unicredit, nella speranza di un controblitz.
Ma le ultime sedute hanno sgonfiato questo movimento, e prende piede una certa freddezza. Forse perché a questi prezzi non è sicuro che un raid su Capitalia garantisca ulteriori creazioni di valore. O perché mettere insieme i due soci forti di Mediobanca forzerebbe a un pesante riassetto Piazzetta Cuccia e, a caduta, Generali.

Un polo Milano-Roma (che avrebbe oltre il 20% di Mediobanca), infrangerebbe i delicati equilibri nel sistema. E imporrebbe un successivo, problematico giro di poltrone con al centro Cesare Geronzi e Matteo Arpe, oggi ai vertici della banca romana. Non è un fatto di “verginità”, o di alterità tra Unicredit e i “salotti buoni” (che Profumo non ama alla follia, vedi l´uscita da Rcs e gli auspici sulla futura “autonomia” di Mediobanca e Generali). Né c´entrano i rapporti personali. Anzi, Profumo e Arpe condividono visione del mercato e filosofie operative – lo s´è visto nelle nomine Abi – e nel caso non replicherebbero il gelido copione dei mesi scorsi, quando il numero uno romano era “corteggiato” da Corrado Passera.

Niente di questo. Le ragioni per cui Unicredit è fredda sull´ipotesi Capitalia sorgono invece dal combinato disposto di prezzi e gravami da «economia relazionale», tipici dell´Europa Continentale e di sempre difficile soluzione. In Italia, poi, Unicredit preferirebbe crescere a Nord, come detto a luglio agli investitori. Al caso potrebbe fare qualche istituto minore ma radicato, magari da individuare nel credito mutualistico. Su questo fronte il mercato, di tanto in tanto, riporta rumors sul possibile asse con la Popolare di Milano, banca vista dagli operatori come “amica” di Piazza Cordusio.

In parallelo, Unicredit andrà anche a caccia di rami d´azienda, grazie alla sua natura di “banca matrice”, forte nel risparmio gestito, nel private ed investment banking e nel leasing. Quattro ambiti in cui Profumo spulcerà occasioni qua e là, diversamente dai banchieri di Milano-Torino, per ora principalmente gestori di una grande rete commerciale, di sportelli. Ma i paragoni appaiono più che altro scolastici; Profumo crede e spera che lui e il collega-rivale Passera sappiano sempre volare più alto di un ansioso “testa a testa” personale.

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