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(WSI) – La Banca Popolare Italiana del dopo Fiorani è da qualche settimana al centro del risiko bancario. La scossa che si è abbattuta sul settore con l´annuncio della mega fusione tra Intesa e Sanpaolo ha investito anche il mondo delle popolari e in Borsa si scommette sul futuro approdo della banca ora guidata da Piero Giarda e Divo Gronchi.

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Il cda della Bpi proprio ieri si è riunito in una seduta durata oltre sei ore nella quale ha esaminato le quattro proposte sul tavolo, arrivate dalla Popolare di Milano, dalla Verona e Novara, dalla Popoalre dell´Emilia Romagna alle quali si aggiunta nelle ultime ore quella della Banche Popolari Unite. Il consiglio ha dato mandato a Gronchi e a Giarda di valutare la compatibilità delle offerte con il piano industriale del gruppo. Affidandosi ad esperti legali per tutelare i propri interessi in termini di governance. I vertici del gruppo dovranno approfondire «le questioni della rappresentanza degli interessi del territorio e della compagine sociale nelle possibili configurazioni di governance ipotizzate».

E tra queste il modello dualistico, già adottato nella fusione tra Intesa e SanPaolo, sembra essere andato per la maggiore. Le proposte avanzate dalle promesse spose della Popolare Italiana, pur nella loro diversità, hanno come punto di partenza per la governance del nuovo gruppo il modello introdotto in Italia dalla riforma Vietti ed esteso dal nuovo governatore Mario Draghi alle banche popolari. A proporlo con forza sono state soprattutto quelle che attualmente il mercato ritiene le due principali candidate alle nozze con la Bpi, ovvero la Milano e la Verona e Novara, premiate a Piazza Affari nei due giorni precedenti il consiglio con rialzi ragguardevoli.

La Popolare di Milano ha ipotizzato che la nuova realtà venga guidata da un consiglio di sorveglianza eletto dall´assemblea: un organo con funzioni di controllo, simili a quelli del collegio sindacale e di indirizzo strategico, le cui poltrone verrebbero occupate da consiglieri non esecutivi. Il consiglio di sorveglianza, poi, avrebbe il compito di eleggere il consiglio di gestione, dove sederebbero gli amministratori del gruppo. Da quattro a sei componenti, ovvero un presidente, l´amministratore delegato, due direttori generali più altri due uomini operativi.

La vera novità riguarda l´attribuzione delle deleghe, che non sarebbero di pertinenza esclusiva dell´amministratore delegato, ma verrebbero attribuite all´intero consiglio, con formula collegiale in modo che nel futuro gruppo non possa svettare un unico “padre padrone”. La proposta della Milano spinge poi su tre punti forti. Il primo è la sostanziale uguaglianza tra le due realtà, tanto che si tratterebbe di una fusione tra uguali. Il secondo è la complementarietà non solo dei nuclei storici delle due banche – la Bpm si è sviluppata soprattutto a Nord di Milano, la Bpi a Sud – ma anche delle società prodotto nelle quali non c´è sovrapposizione. Infine la vicinanza territoriale tra le due sedi centrali, che rendono indifferente il collocamento della nuova capogruppo.

Anche la Popolare di Verona e Novara ha messo sul tavolo un modello dualistico, dove il consiglio di sorveglianza, eletto dall´assemblea dovrebbe essere l´espressione dei territori in cui opera la banca. Nell´attuale consiglio della Bpvn sono presenti elementi delle principali realtà locali (Popolare di Verona, di Novara e di San Geminiano) ai quali nel futuro consiglio di sorveglianza si affiancherebbero quelli di Lodi. La guida della banca spetterà invece al consiglio di gestione, dove le deleghe verranno distribuite in modo tale da avere una governance più coerente possibile col piano industriale del nuovo gruppo. In sostanza il modello dualistico nella proposta della Bpvn è visto come un´opportunità per far convivere le necessità dei territori con la vera e propria gestione della banca. In questo caso, viste le differenze dimensionali tra le due realtà, in caso di fusione la Verona e Novara potrebbe concedere un premio alla banca lodigiana.

La Bpu invece non sposa a priori una soluzione di governance e lascia la porta aperta sia a un consiglio di amministrazione tradizionale che al modello dualistico, concedendo ai possibili partner la scelta. Del resto quest´ultima soluzione limita i poteri dell´assemblea, che si ridurrebbero alla sola elezione del consiglio di sorveglianza. Con la soluzione dualistica, infatti, oltre all´elezione degli amministratori, anche la votazione del bilancio diventerebbe appannaggio esclusivo del consiglio di sorveglianza, svuotando di fatto il significato dell´assemblea dei soci. Il punto di forza della Bpu è nella struttura che la banca ha utilizzato per le sue precedenti aggregazioni. Di fatto è l´unica Popolare ad avere già una holding, che controlla le banche reti e le società prodotto, a differenza della Milano e della Verona e Novara che dovrebbero crearne una ad hoc.

Una soluzione più complessa, infine, è stata avanzata dalla Popolare dell´Emilia Romagna, che propone una struttura piramidale dove a una holding di nuova costituzione farebbero capo due subholding, ciascuna delle quali continuerebbe a controllare i due gruppi. È un modello che offre meno sinergie, ma che garantisce più indipendenza alle due diverse realtà.

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