Le recenti misure delle Autorità cinesi creano tensioni sui mercati locali. A preoccupare sono l’interventismo del governo e il potenziale contagio internazionale
Tutto ha avuto inizio con la cancellazione dell’IPO di Ant Group, prevista a fine ottobre dello scorso anno sulla Borsa di Shanghai e Hong Kong. Le autorità cinesi hanno inviato un messaggio netto e chiaro bloccando il gigante del Fintech e mostrando la volontà di esercitare un controllo sulle grandi aziende private. Da allora si sono susseguite notizie di giri di vite normativi in diversi settori, non solo nella tecnologia.
Indubbiamente la new economy cinese, ad esempio l’e-commerce, è cresciuta più velocemente rispetto al resto del mondo, in parte anche per una mancanza di regolamentazione. Gli interventi, se da un lato possono apparire come dirigisti, dall’altro in alcuni casi creano le condizioni per un mercato più concorrenziale, in particolare quando le nuove regole riflettono norme internazionali.
Alcuni di questi provvedimenti sono volti anche a rassicurare la classe media cinese, come nella sanità, nel sociale e nel farmaceutico. L’ultima azione ha riguardato l’istruzione privata, dove con le nuove regole, viene vietato lo scopo di lucro nelle materie scolastiche di base.
In particolare, le società di tutoraggio online vengono sottoposte a un maggiore controllo, proibendo loro l’attività durante i fine settimana e le vacanze scolastiche. La notizia ha avuto un forte impatto sui mercati azionari cinesi, dapprima facendo collassare i titoli dell’edtech e successivamente trascinando al ribasso tutti i listini. In quattro giorni l’Hang Seng Tech ha lasciato sul terreno oltre il 16%, quello generale (Hong Kong) il 9,5% e il CSI 300 (Shangai – Shenzhen Composite) il 7,8%.
Il contagio agli altri settori è preoccupante, ma il pericolo è che si possa diffondere a livello globale. Molte delle società tecnologiche cinesi hanno infatti tra la compagine azionaria, numerosi soci internazionali. Ad esempio, Tencent non ha tra i primi dieci soci neanche un nome cinese.
Le perdite derivanti da queste partecipazioni, tendenzialmente strategiche, potrebbero però avere un impatto anche nelle scelte di breve degli investitori, se dovesse proseguire questo movimento al ribasso.
L’incertezza riguarda soprattutto le azioni future delle Autorità che potrebbero andare a modificare ulteriormente il quadro principale. Infine, non dobbiamo scordarci delle tensioni geopolitiche tra Cina e USA sempre presenti, così come è tuttora in primo piano la preoccupazione per la sicurezza nazionale. Un eventuale riacutizzarsi delle tensioni tra i due Paesi potrebbe determinare un rallentamento degli investimenti internazionali, con impatto negativo per le multinazionali.
A fronte dei rischi menzionati, gli storni di mercato osservati nell’ultimo periodo hanno riportato i rapporti prezzo/utili di Hang Seng e CSI300 ad un livello neutrale, in linea con la media storica degli ultimi anni.
Il rischio però in questa fase, materializzatosi ad esempio nelle ultime settimane, è che l’interventismo delle Autorità possa favorire revisioni al ribasso degli utili nei segmenti interessati, continuando a gravare, almeno nel breve termine, sulla dinamica dei prezzi.