Si prevede un autunno caldo sul fronte della riforma del fisco e delle pensioni in Italia. Due gli appuntamenti chiave che l’esecutivo dovrà affrontare, terminata la pausa estiva, quello della riforma fiscale e quello delle pensioni.
Si tratta di riforme necessarie per ricevere le prossime tranche del Recovery plan, dopo i primi 24,9 miliardi di euro arrivati a Roma la scorsa settimana.
Riforma del fisco: addio Irap
Dalle prime anticipazioni, a meno di sorprese, la riforma fiscale, tra le più attese, dovrebbe portare all’abolizione dell’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) per le imprese, e la riduzione del cuneo fiscale (cioè i costi che pesano sul lavoro) per favorire l’occupazione. Niente tassa patrimoniale per ora, mentre per il taglio dell’Irpef per il ceto medio c’è ancora da aspettare.
La filosofia e i tempi della riforma sono stati illustrati dal ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco lo scorso 22 luglio durante l’audizione davanti alle commissioni riunite Finanze di Camera e Senato. Prima verranno gli interventi a costo zero e le priorità come il superamento dell’Irap. Poi, una volta individuate le risorse, un taglio anche dell’Irpef.
A disposizione della riforma fiscale ci sono circa tre miliardi di euro stanziati con l’ultima legge di Bilancio. ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco il 22 luglio durante l’audizione davanti alle commissioni riunite Finanze di Camera e Senato.
Per quanto riguarda l’abolizione dell’Irap.
“Se fosse riassorbita nell’Ires, una delle ipotesi – ha spiegato il ministro dell’economia Franco – servirebbero circa 3 miliardi per coprire i versamenti di quei soggetti che non pagano l’imposta sulle società. La seconda priorità, la questione del cuneo fiscale (la tassazione del lavoro, in particolare in alcune parti della curva in cui le aliquote marginali ma anche medie per alcuni lavoratori sono particolarmente elevate): credo – ha detto Franco – che questa sia una questione particolarmente importante. Il cuneo è particolarmente elevato, così come le aliquote da tassazione di lavoro”, quindi la riforma “deve facilitare l’aumento del tasso di occupazione che nel nostro Paese è troppo basso, soprattutto per giovani, donne e Sud”.
Pensioni, cosa succederà dopo Quota 100?
Mentre si avvicina la scadenza della famigerata Quota 100 (in calendario a fine anno), per vedere i primi passi della la riforma pensionistica bisognerà aspettare a settembre. Uno dei tasselli chiave da mettere in piedi per un Recovery credibile e affidabile, che vedeva la scadenza del 31 luglio come data ultima presentare un disegno di legge, approderà dunque in Cdm solo il mese prossimo, alla ripresa dei lavori del Parlamento, segnando così un ritardo rispetto a quanto scritto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Da Palazzo Chigi, intanto, hanno assicurato che lo slittamento dei provvedimenti alla ripresa dell’attività parlamentare non comporterà alcun ritardo rispetto ai tempi dettati dal Recovery Plan.
In attesa di avere maggiori dettagli sulla strada che verrà intrapresa dall’esecutivo Draghi, tante le proposte avanzate finora da più part, non ultima quella del presidente di Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla.
In primis, dice Brambilla, per garantire un’ordinata uscita da Quota 100, oltre alla “pensione di vecchiaia” con 67 anni di età, e almeno 20 di contribuzione (una sorta di quota 87 o più) si potrebbe innanzitutto, rendere stabile la cosiddetta pensione di “vecchiaia anticipata” con 42 anni e 10 mesi per gli uomini (1 anno in meno per le donne) che scadrà nel 2026.
La pensione di vecchiaia anticipata però deve prevedere agevolazioni per alcune categorie come le donne madri (ad esempio 8 mesi ogni figlio fino a massimo 24 mesi), i caregiver (un anno) e i precoci maggiorando del 25% gli anni lavorati tra i 17 e i 19 anni di età.