Le immagini che testimoniano la distruzione di armi, computer e documenti presso quelli che, fino a poco tempo fa, erano aree sotto il controllo degli Stati Uniti in Afghanistan hanno evocato, ancora una volta, la sensazione della disfatta nel Paese tornato in mano ai talebani.
“Ovviamente, non vogliamo che qualsiasi arma o sistema cada nelle mani di persone che li userebbero in modo tale da danneggiare i nostri interessi o quelli di partner e alleati”, aveva detto lunedì John F. Kirby, il portavoce del Pentagono, “ma non ho alcuna soluzione politica per voi oggi su come avremmo potuto o potremmo affrontare la questione in futuro”.
Un sistema di armi destinato a proteggere l’ambasciata statunitense da razzi, artiglieria e mortai in arrivo, noto come C-RAM, è stato visto bruciare in un video, ha ricordato il New York Times.
Allo stesso modo, diversi veicoli blindati sono stati lasciati nel complesso dell’ambasciata, “cosa che è stata verificata abbinando più video di appaltatori con immagini satellitari”; secondo un contractor rimasto anonimo per il timore di ripercussioni sul suo posto di lavoro, i veicoli sono stati lasciati in condizioni inutilizzabili.
Secondo quanto scrive Repubblica, trasportare fuori dal Paese i mezzi sarebbe stato troppo costoso per gli Stati Uniti e, per questo, 17mila pezzi fra blindati, suv ed elicotteri sono stati distrutti e altre migliaia sabotati.
Nonostante gli sforzi, varie armi e mezzi bellici sono finiti in mano ai talebani; fra questi, veicoli resistenti alle mine (Mrap), elicotteri Black Hawk da combattimento e una ventina di aerei A-29 Tucano, velivoli di addestramento utilizzanti anche come mezzi antiguerriglia.
“Non abbiamo un quadro completo, ovviamente, di dove sia finito ogni articolo di materiale di difesa, ma certamente, una discreta quantità di esso è caduta nelle mani dei talebani”, aveva detto la scorsa settimana il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden, Jake Sullivan.