Economia

Stipendi in Italia, più bassi oggi rispetto al 1990: il confronto con gli altri Paesi

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Dal 1990 gli stipendi in Italia sono rimaste stagnanti, mentre nella maggioranza degli altri Paesi avanzati hanno registrato significativi aumenti. Nel 2020, complice l’impatto del Covid-19, lo stipendio medio italiano è sceso sotto i livelli di trent’anni prima, con un calo del 2,89% a 37.769 dollari annui. Nello stesso periodo, 1990-2020, i salari nell’Area Ocse sono aumentati del +33,09%.

 

In termini assoluti, lo stipendio italiano è ampiamente sotto la media Ocse nel 2020 e risulta inferiore anche a quello spagnolo. In Europa si trovano retribuzioni più basse solo in Paesi come Polonia, Portogallo, Grecia o Lettonia; in tutte le altre grandi economie del G7 si guadagna mediamente di più.

Come ha dichiarato a Repubblica il professor Claudio Lucifora, economista del Lavoro dell’Università Cattolica di Milano, “gli stipendi non si possono discostare dalla produttività generale, che in Italia a partire dalla seconda metà degli anni Novanta è andata via via declinando”. Il problema della produttività è determinato “da tutti i fattori che possono contribuire alla crescita, gli investimenti in capitale umano, in tecnologia, la dimensione delle imprese, l’apertura dei mercati, l’efficienza della burocrazia… E’ vero che per molti aspetti l’Italia era in difetto già in precedenza, ma quel che spesso si fatica a cogliere è che nel tempo abbiamo vissuto un crollo di quella che viene definita la produttività totale dei fattori, cumulando ritardi per trent’anni”.

La concorrenza internazionale viene frequentemente citata fra le principali cause di questo declino italiano, dal momento che le produzioni basate in Italia erano concentrate in settori in più diretta competizione con le produzioni estere a basso costo. Un altro limite viene spesso individuato nella piccola dimensione delle imprese italiane che, ancora, le rende meno competitive in un contesto di concorrenza globalizzato.