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Pane e pasta: caos prezzi, farina rincara del 38% (Podcast)

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E’ allarme prezzi per pane e pasta arrivati a toccare livelli record. Federconsumatori rivela quanto si fa sempre più grave e preoccupante l’allarme sui rincari dei prodotti alimentari, sia sulla spinta dell’aumento delle materie prime, sia sull’onda dei rincari energetici che influiranno sui costi di produzione e di trasporto.

Così l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha confrontato i prezzi di alcuni prodotti alimentari tra marzo di quest’anno (periodo in cui già si registravano alcune tensioni sui costi delle materie prime) e oggi (con ulteriori aumenti dei costi delle materie prime agricole: +22% per il frumento e +79% per l’avena).
I rincari che ne emergono sul versante dei prezzi al consumo sono notevoli (mediamente del +15%) e sforano la soglia del 30% nel caso della farina, del pane in cassetta e della pasta integrale.

Da qui l’associazione dei consumatori sottolinea come dietro tutto questo possa esserci un cartello sui prezzi.

Alla luce di questi rincari abbiamo inviato una segnalazione all’AGCM invitandola a verificare la sussistenza di ipotesi di cartello sui prezzi dei prodotti alimentari, così come avvenuto nel 2008. Nei giorni scorsi abbiamo fatto altrettanto, invitando il Parlamento ad avviare un’indagine sugli aumenti di GPL, metano e carburanti. In una fase delicata come quella che il Paese sta attraversando è fondamentale mettere in campo ogni azione di monitoraggio e sanzione affinché il mercato non sia viziato da intollerabili fenomeni speculativi, che andrebbero ad aggravare ulteriormente i già forti rincari in atto, con forti danni alle famiglie e all’intero sistema produttivo.

 Timori per consumi natalizi

Pochi giorni fa anche Fiesa Assopanificatori Confesercenti aveva messo in luce l’incredibile rincaro delle farine, che ha raggiunto picchi dell’81%, in merito ai quali l’associazione ha chiesto un’indagine parlamentare.

“Continuiamo a registrare forti aumenti dei prezzi delle farine e dei prodotti energetici: un trend preoccupante, che non aiuta la ripresa dei consumi”. Così Davide Trombini, Presidente nazionale di Fiesa Assopanificatori Confesercenti. “La saldatura di queste due dinamiche  rischia di bloccare la ripartenza dell’economia e del nostro settore.
Il prezzo delle farine di frumento tenero segna, a settembre 2021, un incremento del 20% rispetto a settembre 2020; il prezzo delle semole di frumento duro cresce in un anno del 66%. Se mettiamo a confronto il prezzo della prima settimana di ottobre 2021 con quello di ottobre 2020, le farine di frumento tenero arrivano a 511,50 €/T ossia +24% e le semole di frumento duro a 731,70 €/T ossia +81%.
Stessa dinamica al rialzo per benzina e gasolio che, rispetto al mese di ottobre del 2020, hanno avuto un incremento del 24% medio con ripercussioni su tutta la catena distributiva, dal momento che le merci viaggiano per quasi il 90% su gomma e i costi della logistica coprono un terzo del prezzo finale dei prodotti agro-alimentari. E non va certo meglio per Gpl e Metano che hanno avuto autentiche impennate dei prezzi.” L’auspicio è che la dinamica rialzista si arresti e consenta di programmare e lavorare per le produzioni natalizie in un clima di fiducia per i consumatori. Non possiamo permetterci di bruciare le prossime festività per mantenere in equilibrio le gestioni dei forni e l’occupazione.

Pane e pasta: ma perché questi rincari record?

Sui rincari incidono un mix di fattori come su Repubblica spiega Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo che mette al banco degli imputati la logistica, il clima e qualche decisione politica del Cremlino che hanno fatto schizzare verso l’alto i prezzi delle farine.

E’ il frumento tenero – quello che viene trasformato in farina per panificare e dall’industria dolciaria – ad essere rincarato e a settembre 2021 il prezzo è aumentato del 35% rispetto a settembre 2020 e del 10% su agosto 2021.

E i motivi sono soprattutto due: “L’aumento dei costi per il trasporto, in particolare dei noli dei container dovuto alla pandemia e una lieve contrazione delle scorte, visto che nel 2021-2022 la domanda è cresciuta un po’ più dell’offerta” spiega Ismea. Ma c’è dell’altro, come scrive la stessa Ismea in un recente rapporto: il calo dei raccolti in Ucraina (nel 2020 il -12,9% sull’annata precedente) e il fatto che la Russia abbia ridotto le esportazioni per contenere il prezzo all’interno dei propri confini.

Quello che succede nei campi di grano fuori dai nostri confini ci interessa molto da vicino, dal momento che il grano 100% italiano soddisfa appena il 36% della domanda. Quanto al grano duro, che serve per ottenere farina da pasta, oltre all’aumento vertiginoso dei noli dei container iniziato già nel 2020 c’è un altro motivo che ha spinto i prezzi verso l’alto (+71% tra il settembre 2020 e il settembre 2021): la siccità in Canada, che ha ridotto molto i raccolti e quindi le esportazioni.