L’impennata dell’inflazione rischia di mandare a picco i consumi di Natale degli italiani, compromettendo le spese per le festività. Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, nell’ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi che potrebbero arrivare fino a 5,3 miliardi nell’ipotesi di un’inflazione al 4%.
Consumi di Natale, pesa il rialzo dell’inflazione
In entrambi i casi appena citati, quasi i tre quarti della perdita dei consumi deriverebbero da un‘immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida; su questa riduzione dei consumi pesa, peraltro, anche l’aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell’energia che si è già trasferito sulle bollette di luce e gas.
Per il 70% le perdite stimate sono dovute a immediate riduzioni di potere d’acquisto del reddito disponibile; per la restante parte al minore potere d’acquisto della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquidita e, quindi, non protetta dall’inflazione inattesa, si spiega. Che tali potenziali incrementi dei prezzi – essendo piuttosto probabile un abbondante superamento del 3% tendenziale dei prezzi nel quarto trimestre – non comportino alcuna variazione nelle aspettative delle famiglie e non riducano gli acquisti durante l’importante periodo natalizio, appare piuttosto inverosimile, spiega Confcommercio.
Inoltre, è possibile ipotizzare una crescita della quota di spesa destinata a spese obbligate, in ragione dell’incremento dei prezzi dell’energia che si è già riflesso sulle bollette di luce e gas (nonostante i sostegni stanziati dal governo per neutralizzare, in parte, gli effetti di tali aumenti sui bilanci delle famiglie, in particolare di quelle più fragili sotto il profilo del reddito da lavoro).
Pertanto – si legge nella nota -, data la rigidità delle spese obbligate – anche rispetto a variazioni dei prezzi relativi – si può immaginare, se gli scenari descritti dovessero risultare verosimili, un impatto piuttosto rilevante sui consumi commercializzabili. Non si possono trascurare neppure conseguenze più rilevanti per l’anno 2022, anche in termini di crescita economica, negativamente influenzata da una minore domanda reale di consumo.
“Eliminare accise e addizionali regionali del gas”
Allarme più che fondato, secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “La nostra stima è che l’inflazione, proseguendo con lo stesso ritmo, a novembre arriverà al 3,2%. Il rischio, quindi, di un Natale in bianco dal lato dei consumi è più che concreto” afferma Dona . “L’inflazione ha registrato un’impennata preoccupante, più che raddoppiando da giugno a ottobre, passando dal +1,3% al +2,9% (+123%)”.
Di fronte a questo rischio, l’associazione dei consumatori chiede al Governo di intervenire urgentemente soprattutto sui beni energetici, luce gas e benzina, senza i quali l’inflazione annua di ottobre scenderebbe dal 2,9 all’1,1%. “Bisogna eliminare subito le accise e le addizionali regionali del gas, mentre vanno ridotte di almeno 20 cent quelle dei carburanti, pari attualmente a 73 cent (72,84) al litro per la benzina e a 62 cent (61,74) per il gasolio, riportando così i prezzi a livelli ragionevoli, quelli di marzo 2021″ conclude Dona.