di Marcello Mancini
Arrivare a essere un leader è solo un punto di partenza. L’esperienza di Federica Marchionni
“Non pensare mai di essere arrivati, ma di essere sempre ad un punto di ripartenza”.
La ripartenza oggi non è più soltanto un orizzonte futuro, ma finalmente il terreno immediato d’azione per imprese, organizzazioni, professionisti, per la società intera. Federica Marchionni, oggi amministratore delegato di Global Fashion Agenda, è una top manager di livello internazionale, la prima italiana ceo di un’azienda statunitense quotata al Nasdaq e già a.d. di Secoo, uno dei principali online luxury retailer cinese. In attesa di ascoltare la sua prospettiva sul palco del Leadership Forum a Milano, le ho chiesto di anticiparci alcuni insight.
Dott.ssa Marchionni, ha lavorato in ambito worldwide sempre in posizioni chiave: ci racconta come si infrange il soffitto di cristallo?
“Innanzitutto bisogna deciderlo. Quando si fissano obiettivi ambiziosi, come raggiungere una C-suite, serve un’elevata dose di passione e dedizione. I primi interlocutori da convincere siamo noi stessi. Occorre essere onesti e capire se si vuole davvero accettare un percorso faticoso che richiede un impegno tanto grande quanto la meta. Chi scala il K2 si prepara per anni e quando lo affronta è iper-concentrato. Di frequente, chi vuole raggiungere certe mete non osserva il percorso fatto da altri per capire cosa aggiungere o sottrarre dal proprio bagaglio. È abbagliato dalla luce del successo, mentre dovrebbe focalizzare la sua attenzione nel capire i momenti di buio e di ombra.
La preparazione è spesso sottovalutata. Serve disciplina per affinare sia quella tecnica, sia quella umana. Naturalmente, ognuno ha caratteristiche diverse e anche le carriere lo sono. Bisogna capire le inclinazioni personali e fare un’analisi attenta delle qualità necessarie per intraprendere un percorso. Occorre individuare il gap tra sé stessi e le qualità necessarie per il ruolo desiderato e lavorare per ridurre la distanza tra quanto serve e quanto si è davvero in grado di offrire. Se accettiamo che non siamo perfetti ma possiamo migliorarci, siamo in grado di costruirci tutte le qualità necessarie per diventare leader. Inoltre vanno cercate e colte le opportunità, che spesso sono fuori dalla comfort zone e lontane dalle nostre vite personali. È quindi anche necessario accettare di fare sacrifici per avventurarsi in contesti e mondi sconosciuti. Capire dove occorre dirigere la nostra attenzione per trovare maggiori opportunità per raggiungere le nostre mete è altrettanto fondamentale”.
Quali sono, secondo lei, i connotati di una nuova leadership femminile?
“Mi piace più parlare di una leadership moderna senza fare differenziazioni tra generi. I nuovi leader devono essere più in linea con il contesto sociale attuale. Il progresso non ci ha portato solo a fare meeting in video e allo smart working: ci pone davanti a una società più variegata dove tutte le voci hanno un valore. Saperle interpretare e guidare, mentre si perseguono gli obiettivi aziendali, è il tratto più importante del leader moderno. Per me in particolare, leadership vuol dire visione di lungo termine e gestione moderna con un forte senso di purpose. Non lo dico perché fa tendenza, l’ho messo in pratica anche quando il breve termine era l’unico parametro su cui venivo giudicata. Ho persistito con coraggio, tenendo fede ai miei valori e apportando innovazione. Oggi sono orgogliosa di vedere che chi non pratica un approccio lungimirante non sarà in grado di creare futuro. Altra caratteristica emergente, e nella quale ho sempre creduto, è la necessità di preparare le aziende a essere agili. L’incertezza e il cambiamento sono parte della nuova normalità e produrre buoni risultati in questi contesti sarà sempre più richiesto ai leader, che devono essere flessibili e forti per sopportare le virate dei consumatori e della società”.
Ci sono differenze nella velocità di ripartenza tra le aziende internazionali e quelle italiane? Quali sono i fattori indispensabili oggi per riattivare il motore economico e generare una ripresa sostenibile?
“Non tutti i settori sono uguali e, per fortuna, in alcuni la velocità delle aziende italiane è superiore. Basti pensare al settore spaziale in netta contrapposizione con quello manifatturiero. Va sempre fatta leva sul nostro core business e sui punti di forza, ma occorre anche analizzare i punti di debolezza, fornendo soluzioni concrete per accelerare la ripresa dei comparti che, per incapacità di adeguamento ai nuovi processi, sono più in sofferenza. Il sistema Paese e il governo possono aiutare a stimolare la ripresa, ma occorre tornare a elevare il nostro livello di ambizione e di coraggio. Non dimentichiamoci che siamo i figli di Leonardo e Michelangelo, di Fermi e Marconi, di Luisa Spagnoli e oggi di Samantha Cristoforetti e molti altri. Abbiamo quel DNA. Dobbiamo tornare a sognare, a celebrare successi e avere il coraggio d’investire, di cambiare, di andare oltre. Altrimenti rimarremo il Paese più bello del mondo, ma fermo.
Sappiamo fare quasi tutto. Occorre organizzarci, implementare processi e cambiare mindset. Allearci tra noi rianimerà gli spiriti imprenditoriali, che saranno poi punti di riferimento per i manager. Bisogna anche tenere conto del fatto che la crescita dev’essere più generalizzata, non può andare a beneficio di pochi. E deve tenere conto dei limiti a cui abbiamo sottoposto il nostro pianeta. Se si allarga la prospettiva e si disegnano percorsi che raggiungono una vera prosperità, inclusa la salute della Terra, allora potremo essere orgogliosi del futuro che avranno i nostri figli, ai quali però va insegnato che devono fare la loro parte”.