UniCredit: il piano Orcel raccoglie plauso mercati, analisti e sindacati. Il nuovo ceo diventa per Indiana Jones e anche Babbo Natale
Con il suo piano UniCredit Unlocked Andrea Orcel è riuscito ad accontentare tutti: investitori, analisti e perfino sindacati, inaugurando una nuova era per la banca di Piazza Gae Aulenti e divorziando – secondo molti finalmente – dall’era del suo predecessore Jean-Pierre Mustier, la cui gestione tante polemiche aveva sollevato. A sorprendere sono state le cifre imponenti snocciolate come target da raggiungere al 2024, a partire da quei 16 miliardi di euro agli azionisti, in quattro anni, tra dividendi e buyback.
L’entusiasmo delle banche d’affari è culminato nella nota di Citi, che hanno diramato una nota a commento dei risultati dal titolo più che emblematico: “Indiana Jones has found the treasure”. Gli esperti del colosso americano sono rimasti colpiti sia dal fattore remunerazione agli azionisti, pari per l’appunto a 16 miliardi, che dai target sull’utile netto, atteso a 4,5 miliardi di euro nel 2024, rispetto ai 3,3 miliardi attesi per quest’anno, e a fronte di un CET1 compreso tra il 12,5% e il 13%. Citi ha messo in evidenza come il target sia stato superiore alle stime del consensus di circa il 15% in più. Ma è stato il regalo ai soci di 16 miliardi, secondo gli analisti, “la principale sorpresa positiva” arrivata con il piano UniCredit Unlocked. Entusiasmo per il piano strategico di UniCredit anche da parte di Goldman Sachs, che ha fatto riferimento anch’esso al fatto che i vertici di UniCredit si siano impegnati, “praticamente, a restituire, tutto il capitale generato organicamente, pari a 16 miliardi di euro”.
Goldman Sachs ha così confermato il rating buy sul titolo. Un po’ più scettici invece gli esperti di Kwb, che hanno dedicato al piano di UniCredit un report dal titolo seguente ‘Sta arrivando Babbo Natale?’. A loro avviso, la banca ‘ha rilasciato nuovi target che riteniamo molto aggressivi. La reazione del mercato oggi è stata molto positiva, finora, ma la domanda è come UniCredit porterà avanti la crescita dei ricavi ‘in eccesso rispetto al consensus’, hanno scritto nel commento che è stato riportato da Bloomberg.
Gli analisti di Exane Paribas si sono concentrati sul fattore remunerazione ai soci: “l’impegno sui dividendi e sul buyback è di circa il 30% superiore a quanto atteso e implica che più del 60% della capitalizzazione verrà restituita agli azionisti entro il 2024. Il movimento del titolo sta tutto qui”.
Sta tutto qui ed è proprio tanto visto che Bloomberg indica che, praticamente, UniCredit punta “distribuire il 100% dell’utile sottostante con un mix di dividendi in contanti e buyback di azioni sugli utili del 2021, raddoppiando praticamente la guidance precedente. Il payout ratio di quest’anno batte anche quello della sua principale rivale, Intesa SanPaolo, e supera altre grandi banche europee”.
Così scrive Bloomberg, dedicando un”l’ articolo alla sorpresa arrivata con il piano UniCredit Unlocked, dal titolo che dice tutto: UniCredit’s Andrea Orcel Shows That Cash Is Still King.
“Chi investe in UniCredit si stava chiedendo da tempo cosa il nuovo ceo Andrea Orcel avrebbe fatto con il capitale in eccesso da miliardi di euro. Avrebbe premiato gli azionisti per la loro pazienza, dopo che per anni la banca si era concentrata sull’esigenza di smobilizzare l’enorme pila di NPL, o l’ex investment banker e dealmaker avrebbe lanciato una importante operazione di takeover?”. La risposta, secondo Bloomberg, è stata: entrambe le cose. A tal proposito, c’è da dire che, per l’ennesima volta, Orcel ha precisato che l’M&A non è un must. “Non escludo e non pianifico un M&A”, ha detto il ceo, rispondendo anche a una domanda, l’ennesima, su Mps Monte dei Paschi di Siena.
Tuttavia, visto che l’Italia è un mercato cruciale per UniCredit, “un mercato dove siamo redditizi, dove cresciamo e dove vediamo opportunita”, se “ci saranno opportunità di accelerare le prenderemo“.
Operazioni di fusioni e acquisizioni non sono dunque prioritarie, ma non sono neanche escluse. E così, secondo Bloomberg, il mercato ha così ragionato: “L’AD ha promesso di generare dividendi e buyback a favore degli azionisti per un valore di almeno 16 miliardi di euro, nell’arco dei prossimi quattro anni, principalmente attraverso la redditività (gli utili), che sarà sostenuta dall’ottimizzazione e dagli aggiustamenti alle operazioni di UniCredit. Questi payout inizieranno con 3,7 miliardi all’inizio del 2022, intaccando parte del capitale in eccesso della banca, ma lasciandola comunque con un capitale CET 1 extra, rispetto al ratio che la banca ha come target, fino a 4,5 miliardi di euro”. E questo tesoretto, secondo Bloomberg, “può essere utilizzato per le operazioni di takeover”.
“Agli investitori – prosegue Bloomberg – la storia piace, tanto che ieri il titolo è volato dell’11%, portando il guadagno da inizio anno a quasi +70% dopo un 2020 faticoso”. La bella sorpresa è che “le valutazioni sono tuttora basse”. L’articolo fa notare di fatto che, anche dopo il boom di buy che ha interessato l’azione, il titolo UniCredit è scambiato a sconto di oltre il 50% rispetto al valore di libro stimato e a un forte sconto anche rispetto a Intesa SanPaolo.
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Sempre il tema del ritorno sul capitale da parte di UniCredit è tra le ragioni che hanno portato gli analisti di Barclays a rivedere al rialzo il target price dagli 11,6 euro precedenti a 13,8 euro. Gli esperti hanno reiterato tuttavia il rating equal weight (EW). La distribuzione di capitale viene descritta da Barclays come il “principale driver”. Viene ricordato che, in termini di remunerazione totale agli stakeholders, UniCredit si è posta come target 1) 3,7 miliardi di euro (di cui il 30% in cash) per il 2021, o il 110% circa dei nostri utili netti adjusted; lo stesso ammontare, o anche più alto (ma con il 35% in cash) per il 2022 (con un payout che sarebbe pari al 120%); 3) aumenti progressivi nel 2023 e 2024 (in cui la componente del cash rimane pari al 35% del totale).
Plauso non solo dal mercato e dagli analisti, in generale, ma anche dal mondo dei sindacati: Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi (il sindacato dei bancari) ha così commentato il piano UniCredit Unlocked: “Per la prima volta c’è un vero piano di rilancio del gruppo, un piano di crescita che si basa su ritorni economici solidi e sostenibili, con una prospettiva temporale non di corto termine. Questo significa che c’è la consapevolezza, da parte dell’amministratore delegato, di dover alimentare passione e senso di appartenenza all’interno del gruppo che nella passata gestione ha subito scelte gestionali a dir poco autolesionistiche”.
Ma cosa dire della minaccia di quei 3000 esuberi che erano stati paventati qualche giorno fa? Così Sileoni nella nota diramata ieri, dopo l’annunciio del nuovo piano strategico della banca:
“Per quanto riguarda gli eventuali esuberi, vale sempre il concetto, espresso dalle organizzazioni sindacali in tutti i piani industriali, di una assunzione ogni due uscite volontarie. Ritengo, inoltre, giusto e prudente l’atteggiamento del gruppo di occuparsi di nuove aggregazioni non prima di 6-12 mesi per concludere una riorganizzazioneinterna avviata da tempo. Verificheremo, non appena in possesso dei documenti che che la banca dovràconsegnarci per legge, quali saranno i veri numeri sia degli esuberi in Italia sia delle filiali che saranno chiuse per accorpamento con altre, ma, dalle parole del nuovo amministratore delegato, è emersa la volontà di rilanciare il ruolo delle agenzie sui territori anche con aumenti significativi di personale”. Gli analisti di Kepler Cheuvreux hanno scritto che i 600 milioni di costi una tantum che verranno contabilizzati nel quarto trimestre “suggeriscono 3000 esuberi”. Ma per ora sul nodo tagli il quadro non è ancora del tutto chiaro, in quanto Orcel non ha scoperto su questo punto le carte. Si sa che ci saranno 3.600 nuove assunzioni nette nel Business e in Digital & Data. E che, in particolare, di queste assunzioni “investiremo nel business con l’assunzione di 1.500 persone nell’arco del piano in tutte le nostre macroaree geografiche, di cui 900 in Italia, 300 in Europa Centrale e in Europa Orientale, 200 in Germania e 100 nelle funzioni di controllo”.
E si sa che, sul fronte costi, l’obiettivo di Andrea Orcel è “ottenere entro il 2024 una riduzione di costi di €0,5 miliardi in valore assoluto, al netto di €0,6 miliardi di investimenti (Digital & Data e business) e di €0,5 miliardi di inflazione”. Previsti “investimenti per €2,8 miliardi in Digital & Data nell’arco del piano” mentre nella voce “capitale allocato”, si legge che l’obiettivo è “generare capitale organicamente per circa 150 punti base all’anno grazie alla crescita della redditività e ad un modello a basso assorbimento di capitale, all’allocazione ottimale del capitale e alla gestione attiva del portafoglio trainata dalla massimizzazione del RoTE”.
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